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Urbanistica

Società di ingegneria: progettazione per i privati solamente dal 2012

Con la sentenza n. 7310/2017 depositata il 22 marzo, la Corte di cassazione ha ripercorso tutto l'iter normativo e giurisprudenziale riguardante le società di ingegneria.

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“Dalla seconda metà degli anni ’70, con interventi di carattere settoriale, il legislatore ha introdotto disposizioni che consentivano la costituzione di società di ingegneria, nelle due forme cosiddette del commercial e del consulting engineering, così parzialmente abrogando il divieto risalente all’art. 2 della legge n. 1815 del 1939 di esercizio in forma anonima dell’attività ingegneristica.”

In proposito la giurisprudenza di questa Corte, chiamata a giudicare su incarichi affidati in periodo antecedente al 1994, ha circoscritto la validità degli stessi all’ipotesi in cui «l’apporto intellettuale dell’ingegnere sia uno dei vari fattori del più complesso risultato promesso, ma non per quella in cui l’attività oggetto del contratto tra committente e società consista, secondo l’accertamento del giudice di merito, in un’opera di progettazione di ingegneria civile interamente rientrante nell’attività professionale tipica dell’ingegnere e dell’architetto e non in un’attività preparatoria e accessoria rispetto all’indicata progettazione; conseguentemente è nullo il contratto che affida ad una società l’esecuzione di incarichi rientranti in pieno nell’ordinaria attività del libero professionista» (così Cass., sent. n. 10872 del 1/10/1999; in seguito, tra le altre, Cass., sent. n. 10937 del 2/10/1999 e Cass., sent. n. 24922 del 29/11/2007).

La tesi della liceità degli incarichi di progettazione tout court faceva perno, sin da allora, sull’evoluzione normativa della disciplina delle società di ingegneria, in particolare sulla legge n. 109 del 1994, di cui si assumeva la natura ricognitiva.

A parte l’ovvio rilievo della applicabilità della citata legge agli incarichi affidati successivamente alla sua entrata in vigore, questa Corte rilevò che la legge n. 109 del 1994 poteva considerarsi ricognitiva unicamente della “liceità” della costituzione di società di ingegneria (sent. n. 10872 del 1999), altro essendo l’ambito di operatività consentito.”

“Con l’art. 17 della legge n. 109 del 1994 il legislatore ha individuato, tra i soggetti idonei ad effettuare attività di progettazione, direzione dei lavori e accessorie nell’ambito dei “lavori pubblici”, le società di ingegneria costituite in forma di società di persone o di cooperative tra professionisti iscritti negli appositi albi, o in forma di società di capitali, e quindi con soci investitori non professionisti.

Previsione ribadita, con minime varianti, dall’art. 90 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), e oggi dall’art. 46 del d.lgs. n. 50 del 2016. La normativa richiamata ha previsto infatti, a partire appunto dal 1994, che le società di ingegneria possono costituirsi in forma di società di capitali ed eseguono “studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni e direzione lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale”. I requisiti di tipo organizzativo e tecnico di tali società, da possedere ai fini dell’affidamento di un incarico di progettazione da parte di una stazione appaltante, sono contenuti del d.P.R. n. 54 del 1999 (art 53). Esse devono disporre di almeno un direttore tecnico che sia ingegnere o architetto o laureato in una disciplina tecnica attinente all’attività prevalente svolta dalla società, e abilitato all’esercizio della professione da almeno 10 anni nonché iscritto, al momento dell’assunzione dell’incarico, al relativo albo professionale.

È agevole osservare che la disciplina sommariamente richiamata riguarda le società di ingegneria che operano nell’ambito del settore dei lavori pubblici.

La trasposizione dei principi ivi affermati fuori dal settore dei lavori pubblici sarebbe in tesi possibile in forza dell’ulteriore intervento del legislatore, attuato con la legge n. 266 del 1997, che all’art. 24, comma 1, ha abrogato espressamente il divieto risalente al 1939. Sarebbe stata così sancita la definitiva liberalizzazione delle attività professionali regolamentate, e ciò avrebbe reso possibile, dal 1997 in avanti, lo svolgimento di tali attività anche in forma di società di capitali, sicché non poteva ritenersi precluso alle società di ingegneria già esistenti, costituite ai sensi dell’art. 17 della legge n. 109 del 1994, di operare a tutti gli effetti e senza limitazioni anche nel mercato privato. La tesi trascura però di considerare che l’art. 24 della legge n. 266 del 1997 prevedeva, al comma 2, l’emanazione di regolamento di fissazione dei requisiti per l’esercizio delle attività di cui all’art. 1 della legge n. 1815 del 1939, e che tale decreto, come è noto, non fu emanato (ne dà atto anche la richiamata sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 13144 del 25/6/2015). La disciplina dell’esercizio in forma societaria delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico è rimasta dunque senza attuazione – salvo interventi settoriali (d.lgs. n. 96 del 2001 per la professione forense) – fino a quando il legislatore non è nuovamente intervenuto.

Ciò è avvenuto con l’art. 10 della legge n. 183 del 2011 (Legge di stabilità 2012), entrata in vigore il 1 gennaio 2012, con il quale il divieto risalente al 1939 è stato “nuovamente” abrogato (comma 11), ed è stata dettata la disciplina delle società costituite in forma di società di capitali per l’esercizio delle attività professionali regolamentate, con espressa salvezza (comma 9) dei modelli societari già vigenti, tra i quali si debbono annoverare quelli previsti dall’art. 17 della legge n. 109 del 1994 per le società di ingegneria. Il legislatore del 2011 ha dunque riconosciuto la validità del modello previsto sin dal 1994 per le società di ingegneria nel settore pubblico, e da questo momento le società costituite ai sensi dell’art. 17 della legge n. 109 del 1994 sono abilitate a svolgere attività di progettazione anche nel mercato privato, tendenzialmente mantenendo lo statuto vigente.”

 

Tutto ciò premesso, e venendo al caso specifico in esame, la Cassazione ha stabilito che “si deve concludere, pertanto, che la società di ingegneria costituita in forma di società di capitali non potesse svolgere attività coincidente con quella riservata ai professionisti iscritti all’albo anche dopo il 1997, e che, di conseguenza, come affermato dalla Corte d’appello, i contratti di affidamento in oggetto sono nulli per contrasto con l’art. 2231 cod. civ.”.

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