Ministero dell’Interno – Linee Guida antimafia di cui all’articolo 5-bis, comma 4, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, recante “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012.”
Parte I
Quadro della governance della ricostruzione
Il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con
 modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122 – nell’apprestare
 un articolato “pacchetto” di interventi a favore delle popolazioni
 colpite dalla crisi sismica del 20 e 29 maggio 2012 – prevede anche
 l’adozione di un dedicato e rafforzato sistema di prevenzione delle
 ingerenze della criminalita’ organizzata nel processo di
 ricostruzione delle localita’ interessate da questi eventi
 calamitosi.
In questo senso, l’art. 5-bis del citato decreto-legge mentre
 stabilisce l’istituzione presso le sei Prefetture dei territori
 interessati (Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e
 Rovigo) di elenchi di fornitori e prestatori di alcune tipologie di
 beni e servizi non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (cd.
 “white list”), devolve al Comitato di Coordinamento per l’Alta
 Sorveglianza delle Grandi Opere (nel prosieguo solo “Comitato”) il
 compito di emanare apposite Linee Guida per definire nel dettaglio i
 controlli da attuarsi, anche in deroga alle norme sulla
 documentazione antimafia oggi contenute nel d.P.R. 3 giugno 1998, n.
 252.
Significativamente, il citato art. 5-bis del decreto-legge n.
 74/2012 sancisce espressamente l’applicabilita’ di tali controlli non
 solo ai contratti pubblici e successivi subappalti e sub-contratti
 aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, ma anche agli
 interventi di ricostruzione commissionati dai privati e finanziati
 con contributi ed altre provvidenze pubbliche.
Altro importante tassello che va a comporre il quadro complessivo
 del sistema di prevenzione antimafia e’ l’istituzione – stabilita con
 decreto del Ministro dell’interno del 17 agosto scorso – del Gruppo
 Interforze Ricostruzione Emilia Romagna (GIRER), operante presso la
 Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della
 Pubblica Sicurezza.
Tale Gruppo, analogamente agli altri Organismi attivati per
 interventi pubblici di massimo rilievo nazionale, e’ chiamato a
 svolgere attivita’ di analisi, con riguardo anche ad alcuni settori
 tradizionalmente esposti a rischi di “penetrazione” criminale o
 segnalati dal Comitato, e a sviluppare, anche d’iniziativa,
 approfondimenti informativi ad ampio raggio destinati a trascendere
 la prospettiva provinciale.
In tal modo, sono stati ulteriormente rafforzati gli strumenti
 conoscitivi a disposizione dei Prefetti interessati che, attraverso i
 punti di snodo della rete di monitoraggio costituiti dai Gruppi
 Interforze, sono in grado di attivare convenientemente sia gli Organi
 di polizia territoriali, sia la fondamentale ed irrinunciabile rete
 dei Centri Operativi della Direzione Investigativa Antimafia.
Al fine di dare attuazione alle disposizioni del citato art.
 5-bis del decreto-legge n. 74/2012, e’ stato svolto un giro
 d’orizzonte che ha portato ad approfondire il modello di governance
 delineato dal decreto-legge n. 74/2012 insieme alle integrazioni
 recate dal successivo decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134,
 nonche’ ad acquisire elementi di conoscenza sulle priorita’
 perseguite in questa fase della ricostruzione. Si e’, inoltre, tenuto
 conto anche delle innovazioni recate dal recente decreto-legge 10
 ottobre 2012, n. 174, in via di conversione al momento dell’adozione
 delle presenti Linee Guida.
Con riguardo a quest’ultimo profilo, sono intercorse
 interlocuzioni, oltre che con i Prefetti delle Province interessate,
 anche con il Presidente della Regione Emilia Romagna, nella sua veste
 di Commissario delegato per la ricostruzione del territorio dove si
 sono registrati i piu’ alti livelli di intensita’ degli eventi
 sismici e dove quindi saranno realizzati i maggiori interventi di
 risanamento e riqualificazione del patrimonio infrastrutturale e
 dell’edilizia pubblica e privata.
Il quadro normativo e conoscitivo acquisito evidenzia come le
 misure per la ricostruzione riguardano complessivamente un’area
 sismica composta dai 52 Comuni, individuati dall’elenco di cui
 all’allegato 1 del decreto-legge n. 74/2012, cui si aggiungono altri
 19 indicati all’art.67-septies del decreto-legge n. 83/2012.
Per quanto specificamente concerne la ricostruzione demandata
 all’intervento pubblico, appaiono di rilievo i seguenti punti:
a) il coordinamento del processo di ricostruzione e’ demandato
 ai Presidenti delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, nelle
 loro vesti di Commissari delegati del Governo;
b) i Commissari delegati, supportati da strutture appositamente
 istituite, provvedono ai vari interventi di ricostruzione con
 possibilita’ di avvalersi:
dei Sindaci e dei Presidenti delle Province (art. 1, commi 5
 e 5-bis, del decreto-legge n. 74/2012, come modificato dal
 decreto-legge n. 174/2012);
dei competenti Provveditorati interregionali alle opere
 pubbliche per quanto concerne gli interventi di recupero degli
 immobili pubblici, ivi compresi le strutture scolastiche ed
 universitarie, gli edifici municipali e quelli di proprieta’ di enti
 ecclesiastici formalmente dichiarati di interesse storico-artistico
 (art. 4, commi 1, lett. a) e 2, del decreto-legge n. 74/2012),
 nonche’ la realizzazione di moduli temporanei abitativi destinati ad
 uffici pubblici o all’attivita’ scolastica (art. 10, comma 8, del
 decreto-legge n. 83/2012). L’esecuzione di tali interventi e’
 indicata come prioritaria rispetto ad altre realizzazioni demandate
 alla mano pubblica (art. 4, comma 1, lett. a), del decreto-legge n.
 74/2012, come modificato dal decreto-legge n. 174/2012).
c) i moduli abitativi temporanei da realizzarsi per i predetti
 scopi pubblici ovvero per garantire la prima sistemazione alle
 famiglie le cui case risultano aver riportato danni piu’ gravi
 (immobili classificati “E” o “F” all’esito delle prescritte verifiche
 tecniche) sono realizzate in aree appositamente individuate dai
 Commissari delegati che possono essere sottoposte a procedure
 espropriative semplificate;
d) per quanto concerne lo specifico contesto dell’Emilia
 Romagna dai contatti intercorsi risulta che e’ stata, al momento,
 accordata una priorita’ agli interventi riguardanti l’edilizia
 scolastica. In particolare, la struttura di supporto del Commissario
 delegato di quella Regione ha reso noto che, al 21 agosto scorso,
 sono gia’ stati assegnati appalti per la realizzazione di moduli
 temporanei abitativi ad uso scolastico in ventisei Comuni.
Per quanto riguarda la ricostruzione affidata ai privati con
 l’impiego di fondi pubblici, rivestono carattere saliente i seguenti
 aspetti:
a) gli interventi dei privati sono finanziati con contributi
 pubblici erogati secondo percentuali, priorita’ e modalita’ stabilite
 dai Commissari delegati con propri provvedimenti (art. 3, comma 1,
 decreto-legge n. 74/2012);
b) i contributi sono destinati sia ai soggetti le cui
 abitazioni sono rimaste lesionate, sia alle imprese che hanno visto
 pregiudicati a causa del sisma i propri impianti produttivi;
c) a fattor comune, e’ previsto che i contributi per la
 ricostruzione del patrimonio edilizio privato (destinato a qualunque
 scopo) sono concessi sulla base della presentazione di una perizia
 giurata del professionista incaricato della progettazione degli
 interventi di recupero; il saldo finale dell’erogazione e’
 subordinato alla presentazione della documentazione attestante
 l’effettiva ultimazione delle opere di ricostruzione assentite (art.
 3, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 74/2012). In questo contesto, va
 segnalata anche la possibilita’ per le tre Amministrazioni Regionali
 interessate di stipulare apposite convenzioni con Fintecna o societa’
 da questa interamente controllata, per lo svolgimento di attivita’
 tecnico-ingegneristiche dirette a fronteggiare con la massima
 tempestivita’ le esigenze della popolazione colpita (art. 10, comma
 14, del decreto-legge n. 83/2012);
d) per quanto specificamente riguarda la ricostruzione delle
 private abitazioni, viene consentito agli interessati, nelle more
 delle verifiche di agibilita’, di dare inizio ai lavori di ripristino
 sulla base di una asseverazione e di una perizia resa dal
 professionista abilitato;
e) per quanto concerne la ricostruzione degli insediamenti
 produttivi, sono previsti, oltre ad erogazioni destinate a finanziare
 gli interventi di ripristino, anche contributi, di carattere
 indennitario o risarcitorio, connessi alle perdite patite dalle
 imprese o comunque volti ad agevolare una pronta ripresa delle
 attivita’ economiche (la casistica e’ riportata all’art. 3, comma 1,
 lettere da b) a f-quater), del decreto-legge n. 74/2012);
f) nel contesto di queste misure, e’ prevista la concessione di
 finanziamenti per le delocalizzazioni delle imprese, in relazione
 alle quali e’ anche prevista la possibilita’ per le Amministrazioni
 regionali di procedere all’espropriazione delle aree destinate ad
 ospitare i nuovi insediamenti produttivi (citato art. 3, comma 11).
In relazione al quadro che precede, sono definite nei seguenti
 termini, salvo modifiche e integrazioni che potranno intervenire
 successivamente, le Linee Guida antimafia ai sensi dell’art. 5-bis
 del decreto-legge n. 74/2012. 
Parte II
Prevenzione delle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici
1. Sistema dei controlli.
Gli indirizzi contenuti nel presente documento si pongono in
 linea di continuita’ con le Linee Guida adottate dal Comitato nel
 giugno del 2005 e con la Delibera CIPE n. 58 del 2011, pubblicata
 nelle G.U.R.I. del 4 gennaio 2012, che costituiscono tuttora un punto
 di ordine generale e con l’evoluzione delle metodologie di controllo
 stabilite dalle Linee Guida varate in relazione ad una serie di
 esigenze di massimo rilievo nazionale.
In particolare, data l’affinita’ delle situazioni, vengono
 all’attenzione i quattro atti di indirizzo emanati in relazione alla
 ricostruzione delle localita’ dell’Abruzzo colpite dal sisma del 6
 aprile 2009, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 italiana dell’8 luglio 2009, del 12 agosto e del 31 dicembre 2010,
 nonche’ del 25 gennaio 2012.
Alla luce di cio’ e considerate anche le “buone prassi” testate
 nei diversi contesti, il Comitato ritiene che i controlli si dovranno
 sviluppare in tre distinte fasi:
a) la fase preliminare all’avvio dei lavori, nell’ambito della
 quale l’attenzione viene principalmente rivolta alle aree su cui sono
 destinate ad insorgere le opere da realizzarsi, attraverso una
 mappatura delle unita’ catastali, inserite nel piano particellare di
 esproprio. Tale attivita’ e’ finalizzata a verificare i “passaggi di
 proprieta’” verificatisi nel biennio precedente. E’ tuttavia evidente
 che detta attivita’, per la natura stessa dei lavori in questione,
 verra’ ad interessare gli interventi di delocalizzazione degli
 insediamenti produttivi ovvero la realizzazione di nuove ed
 alternative strutture, quali i piu’ volte citati moduli abitativi
 temporanei;
b) la fase di definizione del piano degli affidamenti, a valle
 dell’individuazione del soggetto aggiudicatario, con conseguente
 definizione della filiera degli operatori che intervengono a
 qualsivoglia titolo nell’esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto
 pubblico;
c) la fase di cantierizzazione delle opere. In tale fase
 vengono particolarmente in rilievo le disposizioni che regolano
 l’accesso ai cantieri compiuti dai Gruppi Interforze istituiti presso
 le Prefetture interessate, tuttora contenute nel d.P.R. 2 agosto
 2010, n. 150, in attesa della completa entrata in vigore del Libro II
 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
Sempre in questo contesto assumeranno rilievo anche le “white
 list”, previste dall’art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge n.
 74/2012 sulle quali si tornera’ in seguito. 
2. Controlli nella fase preliminare all’avvio ai lavori.
In questa fase, i controlli sono orientati a verificare eventuali
 ingerenze mafiose nei passaggi di proprieta’ delle aree destinate ad
 essere espropriate per la realizzazione delle opere pubbliche
 finalizzate alla ricostruzione, tra le quali vi rientrano anche i
 terreni su cui sono destinati ad insorgere i moduli temporanei
 abitativi per i diversi usi contemplati dal ripetuto decreto-legge n.
 74/2012.
A tal fine, i Commissari delegati ovvero gli altri soggetti
 pubblici di cui si avvalgono per la realizzazione degli interventi –
 nella loro veste di stazione appaltante – forniscono, in formato
 elettronico, i piani particellari d’esproprio alle Prefetture
 territorialmente competenti che provvedono:
a) a svolgere le conseguenti verifiche antimafia anche per il
 tramite dei Gruppi Interforze;
b) a trasmettere i piani alla Direzione Nazionale Antimafia per
 gli aspetti conoscitivi di eventuale interesse, nonche’ al GIRER.
In un’ottica tesa a garantire la massima trasparenza delle
 procedure ablatorie, si evidenzia l’opportunita’ che i Commissari
 delegati comunichino alle Prefetture delle rispettive Regioni i
 criteri di massima sulla base dei quali si intende parametrare la
 misura dell’indennizzo, segnalando, inoltre, eventuali circostanze
 legate all’andamento del mercato immobiliare o altri fattori
 emergenti che possono giustificare lo scostamento dai predetti
 criteri.
Resta naturalmente fermo l’obbligo di denuncia all’Autorita’
 Giudiziaria di eventuali fatti di reato che riguardano o siano
 intervenuti nel corso delle citate attivita’ espropriative.
In una prospettiva di leale collaborazione istituzionale, le
 Prefetture territorialmente competenti potranno avvalersi
 dell’apporto consulenziale e della collaborazione delle articolazioni
 dell’Agenzia del territorio, rimanendo escluso che tale
 coinvolgimento possa dar luogo a forme improprie di validazione
 dell’indennizzo. 
3. Controlli sugli affidamenti.
3.1 I soggetti del monitoraggio.
L’art. 5-bis, comma 4, del decreto-legge n. 74/2012 attribuisce
 ai Prefetti di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e
 Rovigo un ruolo baricentrico per lo svolgimento dei controlli
 antimafia sia per cio’ che concerne la ricostruzione “pubblica”, sia
 per cio’ che concerne la ricostruzione “privata”.
Le esperienze sviluppatesi nel tempo hanno dimostrato come tale
 ruolo puo’ essere espletato al meglio se l’azione di approfondimento
 delle specifiche situazioni e’ accompagnato da un interscambio
 continuo di informazioni e di esperienze.
Tale modulo d’azione consente non solo di mettere a fattor comune
 il patrimonio di conoscenze acquisito nelle realta’ particolari –
 realizzando un’indispensabile visione di insieme delle dinamiche che
 interessano i singoli territori – ma anche di intraprendere
 iniziative congiunte e coordinate di prevenzione degli eventuali
 tentativi di ingerenza criminale.
E’ quindi auspicabile che, sin dall’inizio e con carattere
 continuativo, i Prefetti delle Province interessate avviino un
 costante confronto su questi argomenti in maniera che sia possibile
 garantire l’unitarieta’ d’azione e l’uniformita’ dei criteri
 valutativi che costituiscono ingredienti essenziali per la migliore
 efficacia del sistema di prevenzione amministrativa.
A queste iniziative si aggiunge naturalmente il contributo, in
 termini di diffusione di “buone prassi” e di apporto consulenziale,
 che potra’ essere fornito, ove se ne ravvisi l’utilita’, dal
 Comitato.
E’, inoltre, fondamentale che le Prefetture, in particolare,
 tramite i Gruppi Interforze, attivino da subito un proficuo e stabile
 collegamento con il GIRER.
L’obiettivo da perseguire e’ quello della realizzazione di una
 costante e completa circolazione delle informazioni ai livelli
 operativi e, allo stesso tempo, di assicurare uno sviluppo delle
 azioni di controllo capaci di massimizzare le potenzialita’ offerte
 dalla pluralita’ e specializzazioni delle singole componenti del
 sistema di prevenzione ed al tempo stesso di evitare sovrapposizioni
 che sarebbero quanto meno diseconomiche.
Pure importante risulta il confronto che i Prefetti
 territorialmente competenti possono sviluppare e consolidare con le
 Autorita’ Giudiziarie dei rispettivi territori e in particolare con
 le Direzioni Distrettuali Antimafia, secondo una prospettiva che vede
 nelle misure di prevenzione amministrativa un possibile start up per
 eventuali iniziative della prevenzione giudiziaria e per l’esercizio
 dell’azione penale.
Su questo punto si rinvia alle indicazioni che saranno fornite
 nel prosieguo delle presenti Linee Guida.
Sempre in questo contesto va evidenziata l’esigenza che
 l’attivita’ dei Prefetti e degli altri organismi possa avvalersi
 dell’apporto di altri soggetti a vario titolo coinvolti (tra cui
 anche le parti sociali) nel processo di ricostruzione, nella “logica
 di rete” che ha ispirato l’attivita’ del Comitato in questi anni. 
3.2 Indirizzi generali per i Commissari delegati e gli altri soggetti
 aggiudicatori. 
Sulla base delle esperienze maturate, anche in un contesto per
 molti versi analogo, quale quello dell'”emergenza Abruzzo”, si
 ravvisa l’opportunita’ che i Commissari delegati (ovvero i soggetti
 di cui essi si avvalgono) per l’esecuzione degli interventi di
 ricostruzione adottino alcune misure organizzative, capaci di
 agevolare l’azione di controllo “antimafia”.
Piu’ in dettaglio, appare necessario che i Commissari delegati
 prevedano la realizzazione presso le proprie strutture di un’Anagrafe
 degli esecutori (nel prosieguo solo “Anagrafe”) accessibile alla
 Direzione Investigativa Antimafia, ai Gruppi Interforze delle
 Prefetture interessate, al GIRER nonche’ al Servizio Alta
 Sorveglianza Grandi Opere del Ministero delle Infrastrutture e dei
 Trasporti, concernente i soggetti e gli operatori economici
 aggiudicatari e affidatari, nonche’ ogni altro soggetto della
 “filiera delle imprese”, come definita dall’art. 6 del decreto-legge
 12 novembre 2010, n. 187, convertito, con modificazioni, dalla legge
 17 dicembre 2010, n. 217.
L’Anagrafe deve contenere le seguenti informazioni essenziali:
a) individuazione anagrafica del soggetto d’impresa o operatore
 economico, con l’indicazione, tra gli altri dati, anche del numero di
 codice fiscale e di partita IVA;
b) tipologia e importo del contratto, subcontratto e
 subappalto, nonche’ l’indicazione del relativo CUP;
c) annotazioni relative a modifiche intervenute nell’assetto
 proprietario o manageriale dell’impresa, nonche’ relative al
 direttore tecnico;
d) annotazioni relative all’eventuale perdita del contratto,
 subcontratto o subappalto, con sintetica indicazione della connessa
 motivazione, nonche’ relative all’applicazione della relativa penale
 pecuniaria;
e) indicazione del conto corrente dedicato per le esigenze di
 tracciabilita’ finanziaria di cui agli artt. 3 e 6 della legge 13
 agosto 2010, n. 136.
I Commissari delegati provvedono al popolamento dell’Anagrafe con
 la collaborazione dei soggetti di cui essi si avvalgono con i quali
 potranno essere assunti accordi per la definizione di specifiche
 intese.
Tale collaborazione, in quanto rivolta a soddisfare specifiche
 esigenze informative di tipo sistemico connesse a finalita’
 antimafia, non determina l’insorgenza di alcun onere economico a
 carico dei Commissari delegati (ovvero dei soggetti di cui essi si
 avvalgono), nel senso che non importa alcuna variazione del prezzo,
 importo o valore del contratto, subcontratto o subappalto, ne’
 legittima alcuna richiesta in tal senso.
A questo proposito, occorre ricordare che l’art. 1, quinto comma,
 del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con
 modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, stabilisce che le
 imprese, individuali o collettive, aggiudicatarie di contratti
 pubblici sono tenute a fornire notizie di carattere organizzativo,
 finanziario e tecnico sulla propria attivita’, nonche’ ogni
 indicazione ritenuta utile ad individuare gli effettivi titolari
 dell’impresa ovvero delle azioni o quote sociali.
All’osservanza di tale obbligo, per la violazione del quale e’
 prevista la sanzione dell’arresto, sono tenute le imprese
 partecipanti a procedure ad evidenza pubblica con l’invio alla
 stazione appaltante dei modelli GAP; in tal senso la collaborazione
 di cui si e’ detto costituisce una particolare modalita’ di
 declinazione di tale obbligo, non costituendo alcun aggiuntivo
 aggravio per l’impresa.
Resta ferma la necessita’ per i Commissari delegati di inserire
 nei contratti di appalto e in tutti gli altri strumenti contrattuali
 della “filiera” una clausola tesa a sanzionare pecuniariamente i
 comportamenti non collaborativi relativamente alla formazione e
 all’aggiornamento dell’Anagrafe ed a prevedere la possibilita’ di
 rescissione del vincolo negoziale in caso di reiterati,
 ingiustificati e perduranti atteggiamenti ostruzionistici, anche se
 basati sulla mera inerzia. 
3.3 Controlli antimafia.
Sulla scorta dei positivi risultati conseguiti nella prevenzione
 delle ingerenze criminali nei contesti gia’ piu’ volte rammentati, il
 Comitato ritiene fondamentale che i controlli antimafia si svolgano
 estendendo agli operatori economici aggiudicatari di appalti pubblici
 per la ricostruzione e a tutti gli appartenenti alla “filiera delle
 imprese” l’obbligo di assoggettarsi al regime delle informazioni
 antimafia, oggi disciplinato – fino all’entrata in vigore del Libro
 II del decreto legislativo n. 159/2011 – dagli artt. 4 del decreto
 legislativo n. 490/1994 e 10 del d.P.R. n. 252/1998.
Tali informazioni costituiscono, pertanto, l’unica ed esclusiva
 forma di accertamento antimafia per le fattispecie contrattuali e
 sub-contrattuali, i subappalti, i cottimi, le prestazioni d’opera, i
 servizi, le forniture, indipendentemente dal loro importo, oggetto
 durata e da qualsiasi condizione o modalita’ di esecuzione.
L’accertamento delle cause ostative ad effetto interdittivo
 tipico (nel vigente quadro normativo cfr. art. 10, comma 7, lett. a),
 b) e c) del d.P.R. n. 252/1998) determina l’impossibilita’ di
 stipulare il contratto o di autorizzare il subcontratto o subappalto,
 nonche’, in caso di accertamento successivo alla stipula o
 autorizzazione, la perdita del contratto, del subcontratto o
 subappalto, dando luogo all’esercizio del recesso unilaterale o alla
 revoca dell’autorizzazione.
Accede alla sanzione della perdita del contratto l’applicazione
 di una penale pecuniaria, stabilita nella misura fissa del 5%
 dell’importo o del valore del contratto, subcontratto o subappalto
 (salvo diversa superiore aliquota pattuita tra i soggetti
 contraenti). Tale sanzione pecuniaria risponde ad un duplice ordine
 di ragioni:
a) da un lato, si ritiene che essa possa assolvere ad
 un’efficace azione dissuasiva, assolvendo, cioe’, ad una funzione di
 deterrenza, generalmente appartenente ad ogni misura che aggredisca o
 minacci di aggredire l’ambito economico-patrimoniale del soggetto cui
 e’ potenzialmente rivolta una sanzione di tipo monetario;
b) dall’altro, essa viene ad ammortizzare le perniciose
 conseguenze derivanti alla parte in bonis dalla necessita’ di dover
 procedere alla sostituzione “in corsa” dell’impresa colpita da
 interdizione antimafia.
Sotto quest’ultimo profilo, la sanzione pecuniaria corrisponde a
 una forma di forfettaria liquidazione del danno, salvo che la parte
 lesa non lamenti un maggior pregiudizio per il cui riconoscimento
 restano naturalmente ferme le ordinarie tutele risarcitorie.
La perdita del contratto ne comporta la comunicazione, a cura del
 responsabile del procedimento, all’Autorita’ per la vigilanza sui
 contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai fini dei
 conseguenti adempimenti di competenza di quella Authority ivi
 compreso l’eventuale aggiornamento della Banca dati dei contratti
 pubblici. 
3.4 Indirizzi per i Prefetti.
Come si e’ anticipato, il Comitato ravvisa la necessita’ che gli
 accertamenti antimafia sulle imprese aggiudicatarie di appalti
 pubblici per la ricostruzione e sugli operatori economici della
 filiera siano svolti unicamente nella forma piu’ stringente delle
 informazioni antimafia di cui agli artt. 10 del d.P.R. n. 252/1998 e
 4 del decreto legislativo n. 490/1994 (e, in seguito, di cui agli
 artt. 90 e segg. del decreto legislativo n. 159/2011, quando il Libro
 II di tale decreto legislativo sara’ entrato in vigore).
Considerata la vastita’ dell’area interessata dalla crisi sismica
 – e quindi dagli interventi di ricostruzione – si rileva
 l’opportunita’ di modulare le procedure di rilascio dei provvedimenti
 in questione in termini tali da corrispondere alla logica di massima
 urgenza che ispira gli interventi di ricostruzione pubblica e di
 garantire un approfondimento di livello maggiormente sistemico delle
 posizioni delle imprese coinvolte.
Al fine di coniugare al massimo livello queste esigenze, il
 Comitato ritiene che il rilascio delle informazioni antimafia – in
 deroga alle disposizioni vigenti – debba avvenire secondo il seguente
 modulo procedimentale che rispecchia quello gia’ adottato in
 occasione della prima fase dell'”Emergenza Abruzzo” (cfr. Linee Guida
 pubblicate nella G.U.R.I. dell’8 luglio 2009, n. 156).
I cardini di tale modulo sono fondamentalmente tre:
a) consentire alle Prefetture di Bologna, Modena, Ferrara,
 Mantova, Reggio Emilia e Rovigo (nel prosieguo indicate anche come
 “Prefetture dell’area sismica”) di disporre un quadro completo e
 costantemente aggiornato delle informazioni antimafia (interdittive o
 liberatorie) richieste e rilasciate, anche nei confronti di imprese
 aventi le proprie sedi legali in territori diversi dalle rispettive
 province;
b) garantire la piena circolazione delle informazioni rilevanti
 sia all’interno del circuito della prevenzione amministrativa (le
 Prefetture, la componente di polizia dei Gruppi Interforze, il GIRER,
 la rete dei Centri Operativi DIA), sia in direzione dell’Autorita’
 Giudiziaria;
c) garantire la speditezza dei procedimenti amministrativi,
 consentendo ai soggetti aggiudicatori di stipulare i contratti con le
 imprese affidatarie (o di autorizzare il ricorso ai subappalti) dopo
 una prima fase di accertamenti, tesi a verificare l’assenza delle
 situazioni di contiguita’ conclamata, salvaguardando comunque il
 potere di revocare gli appalti e i sub-affidamenti nelle ipotesi in
 cui l’esito degli accertamenti piu’ complessi permetta di acclarare
 l’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa.
Conseguentemente, in parziale deroga alle previsioni recate dal
 ripetuto d.P.R. n. 252/1998, il rilascio delle informazioni antimafia
 nei riguardi delle imprese affidatarie di appalti pubblici e della
 relativa “filiera delle imprese” – come definita dall’art. 6, comma
 3, del decreto-legge n. 187/2010 – avviene, a decorrere dal
 quindicesimo giorno dalla pubblicazione delle presenti Linee Guida,
 secondo la seguente procedura:
a) i soggetti aggiudicatori inoltrano le istanze di rilascio,
 corredate da tutti gli elementi conoscitivi richiesti dalle vigenti
 disposizioni, alla Prefettura dell’area sismica nel cui territorio
 devono essere eseguiti gli appalti di lavori, servizi e forniture
 finalizzati al processo di ricostruzione pubblica. Tale Prefettura,
 pertanto, viene ad assumere una funzione di hub, nel senso che essa
 e’ il punto in cui convergono le richieste di informazioni antimafia
 relative a tutte le imprese o tutti gli operatori economici della
 filiera e da cui partono verso i soggetti aggiudicatori tutte le
 comunicazioni delle risultanze emerse a seguito degli accertamenti
 espletati ai sensi dell’art. 10, comma 7, del d.P.R. n. 252/1998;
b) la Prefettura dell’area sismica, verifica, attraverso il
 collegamento con il CED ex art. 8 della legge n. 121/1981, l’assenza,
 nei confronti dei soggetti dell’impresa indicati dall’art. 2 del
 d.P.R. n. 252/1998, delle cause ostative di cui all’art. 67 del
 decreto legislativo n. 159/2011 e all’art. 10, comma 7, lett. a) e
 b), del d.P.R. n. 252/1998. Se la consultazione del CED evidenzia:
l’assenza di tali situazioni, la Prefettura dell’area sismica
 rilascia una liberatoria provvisoria al soggetto aggiudicatore. Tale
 liberatoria provvisoria sara’ sufficiente al soggetto aggiudicatore
 per stipulare il contratto sotto la condizione risolutiva di cui
 all’art. 11, comma 2, del d.P.R. n. 252/1998;
l’esistenza di iscrizioni che attestano taluna delle predette
 situazioni, la Prefettura dell’area sismica provvedera’, con la
 massima urgenza, a verificarne l’attualita’, acquisendo, per il
 tramite degli Organi di polizia, i pertinenti certificati del
 casellario giudiziale, dei carichi pendenti o comunque la
 documentazione idonea ad attestare lo stato e gli esiti dei
 procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione. Se la
 documentazione cosi’ ottenuta conferma la ricorrenza di taluna delle
 predette situazioni, la Prefettura dell’area sismica – ove sia stata
 accertata l’esistenza di situazioni di cui agli artt. 67 del decreto
 legislativo n. 159/2011, e 10, comma 7, lett. a) e b) del d.P.R. n.
 252/1998 – emette immediatamente un’informazione antimafia
 interdittiva (anche se l’impresa ha sede legale in altra Provincia),
 dandone comunicazione agli Organi di polizia rappresentati in seno al
 Gruppo Interforze, al GIRER, alla Direzione Nazionale Antimafia ed
 alla Direzione Distrettuale Antimafia, competente per il proprio
 territorio, nonche’ alla Prefettura del luogo di sede legale
 dell’impresa (1) ;
c) esaurita questa fase (2) , la Prefettura dell’area sismica
 da’ corso agli accertamenti finalizzati a verificare l’eventuale
 esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’operatore
 economico esaminato. A questo fine:
se l’impresa ha sede nel proprio territorio, la Prefettura
 dell’area sismica attiva gli Organi di polizia territoriali
 (Questura, Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della
 Guardia di Finanza), nonche’ il Centro Operativa DIA di riferimento.
 Di tali attivazioni deve essere informato, per opportuna conoscenza,
 il GIRER, per le attivita’ di analisi di competenza di
 quest’Organismo che potra’ comunicare alle Prefetture interessate
 eventuali contributi di approfondimento utili ai fini delle
 determinazioni finali;
se l’impresa ha la propria sede legale in un’altra Provincia,
 la Prefettura dell’area sismica attivera’ quella competente
 territorialmente per tale luogo. Anche in questo caso e’ importante
 che la Prefettura dell’area sismica tenga al corrente dell’avvio
 dell’istruttoria il GIRER e il Centro Operativo DIA di riferimento
 della Prefettura di sede legale dell’impresa, cio’ anche a guadagno
 dei tempi di svolgimento degli accertamenti. Sulla base di tali
 indicazioni, la Prefettura del luogo di sede legale dell’impresa
 provvede a svolgere gli accertamenti del caso;
al termine degli accertamenti, la Prefettura dell’area
 sismica (ovvero quella del luogo di sede legale dell’impresa), dopo
 aver eventualmente acquisito il contributo di analisi del Gruppo
 Interforze, adotta il provvedimento definitivo. La Prefettura del
 luogo di sede legale trasmette il provvedimento finale alla
 Prefettura dell’area sismica;
la Prefettura dell’area sismica notifica il provvedimento
 finale adottato (da essa o dalla Prefettura del luogo di sede legale)
 al soggetto aggiudicatore, nonche’ agli Organi di polizia
 territoriali, al Centro Operativo DIA di riferimento ed al GIRER.
Se viene emessa un’informazione antimafia interdittiva, la
 Prefettura dell’area sismica provvedera’ ad inviarne tempestivamente
 copia, per un’opportuna informazione, alla Direzione Nazionale
 Antimafia ed alla Direzione Distrettuale Antimafia competente per il
 proprio territorio. Resta, naturalmente, ferma la possibilita’ per i
 Prefetti dell’area sismica di inviare, previe opportune intese, copia
 di tali provvedimenti anche ad altri Uffici del Pubblico Ministero.
L’eventuale successivo accertamento di tentativi di infiltrazione
 mafiosa determina l’insorgenza della necessita’ dell’interruzione del
 rapporto contrattuale e di conseguenza la perdita del contratto,
 dando luogo all’esercizio della facolta’ di recesso unilaterale
 ovvero alla revoca dell’autorizzazione del subappalto. A tale
 conseguenza, si aggiungeranno quelle di natura pecuniaria di cui si
 e’ detto al punto 3.3.
Al riguardo, si rammenta che resta fermo il carattere facoltativo
 dell’intervento caducatorio effettuato ex post, conformemente alla
 previsione recata dall’art. 11, comma 2, del d.P.R. n. 252/1998. Va
 comunque rilevato, a chiarimento del soggetto aggiudicatore, come
 tale facolta’ incontri, per la natura stessa dei controlli antimafia
 che rappresentano «un presidio avanzato di prevenzione», un margine
 invero ristrettissimo di applicazione.
E’, infatti, da ritenere di regola prevalente l’interesse
 pubblico alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica che
 presiede ai poteri interdittivi antimafia. Il sacrificio di tale
 interesse puo’ risultare giustificato, quindi, solo quando stringenti
 ragioni di opportunita’ e convenienza amministrativa richiedano di
 non interrompere un servizio essenziale difficilmente rimpiazzabile
 in tempi rapidi o a completare un’opera in corso di ultimazione.
A questi principi si richiama, positivizzandoli, anche la
 disciplina del Libro II del decreto legislativo n. 159/2011,
 destinata ad entrare in vigore in futuro.
Il Comitato, inoltre, in linea di continuita’ con le Linee Guida
 del 2005, conferma l’esigenza che le attivita’ di controllo antimafia
 debbono guardare al contesto ambientale in cui l’intervento viene a
 calarsi, di modo che le verifiche non vanno limitate esclusivamente
 alla platea dei soggetti imprenditoriali che partecipano ai lavori in
 forza di un rapporto contrattuale – il che comporterebbe ex se
 l’effettuazione di controlli antimafia – bensi’ vanno estese ad
 ambiti anche esterni a quella platea da cui possa comunque essere
 veicolato il pericolo di infiltrazione mafiosa.
In questo senso, il Comitato, attesa la natura degli interventi
 di ricostruzione da realizzarsi in questa fase, ritiene opportuno che
 i Prefetti dell’area sismica avviino, d’intesa con il GIRER, un
 monitoraggio delle cave maggiormente prossime alle aree di cantiere.
L’attivita’ in questione dovra’ essere svolta in necessaria
 collaborazione con gli organi regionali, ed eventualmente
 provinciali, competenti, ai quali andra’ richiesto un quadro
 informativo esauriente circa i soggetti concessionari, allo scopo di
 accertare l’effettiva titolarita’ delle attivita’ estrattive.
Il monitoraggio andra’ eseguito anche con riferimento alle
 attivita’ comunque connesse alla rimozione e smaltimento dei
 materiali provenienti dalle demolizioni, nonche’ connesse con il
 cosiddetto «ciclo del cemento».
In questi ambiti particolare attenzione dovra’ essere rivolta ai
 soggetti che dispongano di siti di smaltimento di materiali di
 risulta, di imprese di betonaggio e di frantumazione, ecc.,
 ancorche’, come si e’ detto, essi risultino formalmente estranei a
 rapporti contrattuali, anche indiretti, con il soggetto
 aggiudicatore.
Nel caso in cui le attivita’ di monitoraggio evidenzino
 risultanze negative, corrispondenti, in sostanza, alle condizioni che
 giustificano il rilascio di informazioni interdittive, occorrera’
 informarne il soggetto aggiudicatore perche’, ai fini di una piu’
 efficace ed estesa rete di prevenzione antimafia, inibisca i soggetti
 e gli operatori economici interessati dall’intrattenere rapporti di
 fornitura, approvvigionamento, ecc. con le imprese controindicate,
 provocando, in tal modo, quell’effetto di isolamento che appare il
 solo possibile ed efficace rimedio verso un siffatto rischio di
 infiltrazione criminale.
Ai fini dello svolgimento dei controlli antimafia illustrati nel
 presente paragrafo, si ritiene che andra’ pienamente valorizzato il
 ricorso all’intero ventaglio degli strumenti antimafia di cui dispone
 il Prefetto.
Tra questi si sottolinea l’importanza sia dei poteri di
 derivazione ex altocommissariale previsti dal decreto-legge 6
 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12
 ottobre 1982, n. 726, e delegati ai Prefetti dal Ministro
 dell’interno, sia dei poteri conoscitivi sullo svolgimento delle gare
 d’appalto previsti dall’art. 14, commi 3-bis e seguenti del
 decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni,
 dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. 
3.5 Indicazioni per il GIRER.
Il decreto del Ministro dell’interno prevede che il GIRER svolga
 le proprie attivita’ di analisi e monitoraggio anche secondo le
 indicazioni fornite dal Comitato (art. 2, comma 1, lett. e del citato
 decreto ministeriale).
Premesso che indicazioni di tenore operativo saranno fornite
 all’esito dei periodici incontri che il Comitato organizzera’ in
 questa materia, si ritiene – fatti salvi gli indirizzi impartiti dal
 Dipartimento della Pubblica Sicurezza – in questo contesto di fornire
 alcuni suggerimenti di coordinamento informativo.
Si evidenzia, in particolare, l’utilita’ che il GIRER sviluppi un
 costante dialogo, anche in termini di scambi di esperienze, con gli
 altri Gruppi Interforze costituiti per le esigenze di prevenzione
 delle infiltrazioni criminali in altri contesti.
Tale dialogo potra’ infatti risultare utile per acquisire le
 eventuali conoscenze gia’ consolidate in relazione alle singole
 posizioni da approfondire, accelerando in tal modo la fase di analisi
 e di comunicazione. 
3.6 Indicazioni per lo svolgimento dei controlli antimafia
 relativamente alle imprese con sede legale all’estero e prive di
 un’organizzazione stabile sul territorio dello Stato. 
Con riferimento agli operatori economici stranieri, comunitari ed
 extracomunitari, si e’ posto nel recente passato qualche
 interrogativo circa la possibilita’ di eseguire nei confronti di
 detti operatori accertamenti antimafia nella forma piu’ rigorosa
 delle informazioni prefettizie e, dunque, di estendere ad essi le
 disposizioni dettate nella specifica materia dalla legislazione
 nazionale.
Questa particolare fattispecie trova un’espressa considerazione
 nello schema di decreto legislativo recante correzioni e integrazioni
 al decreto legislativo n. 159/2011 che, nel momento del varo delle
 presenti Linee Guida, e’ ancora al vaglio delle Commissioni
 Parlamentari di merito per il prescritto parere.
In attesa della definitiva emanazione di questo provvedimento, si
 ritiene che i controlli antimafia sulle imprese prive di una sede
 secondaria sul territorio dello Stato potranno essere effettuati
 secondo le modalita’ indicate da questo Comitato in occasione
 dell’«emergenza Abruzzo» e piu’ specificamente nelle Linee Guida
 pubblicate nella G.U.R.I. del 12 agosto 2010, n. 187, consultabili
 anche sul sito internet del Ministero dell’interno, nella sezione
 dedicata al Comitato, accessibile dalla home page. 
4. Controlli sulla fase di cantierizzazione.
4.1 Indirizzi per il monitoraggio delle attivita’ di cantiere.
Nell’indicata direzione appare necessario che anche per gli
 interventi della ricostruzione venga attuata l’esperienza del «Piano
 di controllo coordinato del cantiere e del subcantiere», sulla scorta
 di quanto gia’ sperimentato per altre importanti realizzazioni
 comprese nel Piano Infrastrutture Strategiche (PIS), ed in coerenza
 con le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 della legge n.
 136/2010 e le modalita’ stabilite dalla gia’ citata deliberazione
 CIPE n. 58 del 2011.
Come e’ stato gia’ specificato, a partire dalle linee-guida di
 carattere generale del 2005, la fase di cantierizzazione dell’opera
 appare particolarmente delicata in quanto, con riferimento ad essa,
 vengono a manifestarsi pressioni a carattere estorsivo, talora
 condotte con metodi violenti e con danno a persone e cose.
In relazione a tale specifico rischio appare necessario che siano
 fatti oggetto di attenta valutazione i piani coordinati di controllo
 del territorio onde verificare, in relazione alla dislocazione delle
 aree di cantiere e alla mappatura dei rischi, l’esigenza di possibili
 modifiche o integrazioni del dispositivo di controllo territoriale.
Il cennato sistema si impernia sull’implementazione, oltre che
 dell’Anagrafe (vedi supra paragrafo 3.2 di questa Parte), anche di
 una seconda sezione di un data-base destinato a raccogliere il piano
 delle informazioni (anche detto “settimanale di cantiere”) relative:
a) alle ditte che intervengono sul cantiere, a qualunque titolo
 risultino coinvolte;
b) ai mezzi impiegati, indicandone gli estremi identificativi e
 il nominativo del proprietario;
c) al personale delle ditte la cui presenza e’ prevista in
 cantiere nell’arco di validita’ temporale del piano, con relativa
 indicazione nominativa (peraltro, dovra’ essere ribadita
 l’obbligatorieta’ della dotazione e utilizzazione delle tessere di
 riconoscimento di cui agli artt. 18 del decreto legislativo n.
 81/2008 e 5 della legge n. 136/2010). Nell’ambito di queste misure
 potra’ essere valutata anche la possibilita’ di introdurre
 strumentazioni di oggettiva rilevazione del tempo lavorato,
 utilizzando la tessera di cui all’art. 5 della legge n. 136/2010,
 anche con finalita’ di cartellino “marcatempo” per le rilevazioni
 della presenza oraria e per le conseguenti utilizzazioni;
d) alle persone che, per motivi diversi da quelli indicati al
 punto precedente, risultino comunque autorizzate all’accesso in
 cantiere.
La gestione di tale seconda sezione e’ affidata alla
 responsabilita’ dell’impresa affidataria principale o concessionaria,
 che all’uopo individua un proprio referente di cantiere, che
 provvede, con cadenza settimanale, agli inserimenti dei dati.
Il piano di informazioni e’ trasmesso in formato elettronico a
 cura del referente ogni venerdi’ antecedente alla successiva
 settimana lavorativa, per il tramite delle Prefetture interessate
 dalle opere, alle rispettive Forze di polizia territoriali e alla
 direzione dei lavori mediante interfaccia web. Le Forze di polizia
 territoriali provvedono al riscontro dei dati; nel caso vengano
 rilevate anomalie o altre evidenze ritenute d’interesse, le
 Prefetture interessate investono il Gruppo interforze per l’esame.
Per assicurare il concreto rispetto del piano di informazioni, e,
 conseguentemente, preservarne l’efficacia, e’ altresi’ necessario che
 il referente di cantiere comunichi senza ritardo ogni eventuale
 variazione che dovesse intervenire relativa ai dati gia’ inseriti nel
 piano stesso.
E’ opportuno, inoltre, che vengano previsti incontri periodici
 tra il referente di cantiere e il Gruppo interforze per procedere ad
 aggiornamenti di situazione e allo sviluppo di focal point.
Sempre nel contesto di queste misure potra’ essere valutata la
 possibilita’ di implementare soluzioni di monitoraggio delle
 attivita’ di cantiere gia’ positivamente sperimentate nei territori
 dell’area sismica e che soddisfino le caratteristiche sopra descritte
 o le arricchiscano ulteriormente.
Quanto al tracciamento, a fini di trasparenza, dei flussi di
 manodopera, tale esigenza corrisponde, in effetti, alla
 considerazione secondo cui la pressione criminale viene talora ad
 interferire anche nelle attivita’ di reclutamento di unita’
 lavorative, rappresentando una forma di mascheramento di indirette
 pratiche di carattere estorsivo.
In ogni caso, tale forma di monitoraggio puo’ senz’altro
 infrenare fenomeni di sfruttamento e di caporalato, con connessa
 evasione/elusione della normativa di protezione sociale, spesso
 sintomatici di ingerenze di natura criminale.
Per queste finalita’ potranno essere anche valorizzate le
 risultanze desunte da accordi tra le parti riguardanti versioni piu’
 avanzate dei documenti attestanti non solo la regolarita’ della
 posizione delle imprese, ma anche la congruita’ dei versamenti dei
 contributi previdenziali in relazione al costo complessivo
 dell’opera.
A questo proposito, si raccomanda l’attuazione delle forme di
 monitoraggio dei flussi della manodopera impegnata nelle opere di
 ricostruzione individuate dalla delibera del CIPE n. 58 del 3 agosto
 2011, pubblicata nella G.U.R.I. del 4 gennaio 2012.
Ci si riferisce, in particolare, all’istituzione presso ciascuna
 Prefettura dell’area sismica di appositi tavoli di monitoraggio,
 presieduti dai Gruppi Interforze, che vedono il coinvolgimento delle
 OO.SS. dei lavoratori edili, nonche’ dei rappresentanti della
 Direzione Territoriale del Lavoro.
Tali tavoli opereranno secondo il modello gia’ previsto dalle
 Linee Guida diramate dal Comitato per l’EXPO 2015 di Milano,
 consultabili al sito internet del Ministero dell’Interno nella
 Sezione dedicata al Comitato stesso (si veda, in particolare, il
 punto 2.3 delle Linee Guida per l’EXPO 2015). Presso di essi, tra
 l’altro, potranno essere esaminate anche questioni di ordine generale
 inerenti al contrasto dei fenomeni di sfruttamento del lavoro,
 sanzionati dall’art. 12 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. 
4.2 Accessi ai cantieri.
Nella fase di esecuzione degli interventi vengono all’evidenza
 esigenze di sicurezza delle attivita’ di cantiere e di tracciabilita’
 dei mezzi e delle persone legittimate ad accedere nelle aree di
 lavoro.
Lo strumento fondamentale di controllo di questi aspetti e’
 costituito, come noto, dagli accessi ai cantieri, disposti dai
 Prefetti nel cui territorio insistono i lavori o l’opera da
 realizzare ed operati dai Gruppi Interforze secondo le modalita’
 stabilite dall’art. 5-bis del decreto legislativo n. 490/1994 e dal
 d.P.R. n. 150/2010 (in seguito dall’art. 93 del decreto legislativo
 n. 159/2011), nonche’ dal decreto ministeriale 14 marzo 2003.
A questo riguardo, si segnala l’opportunita’ che tali iniziative
 di controllo siano avviate da subito dai Prefetti, in modo da
 scongiurare sul nascere tentativi di ingerenza criminale negli
 appalti pubblici.
In particolare, appare opportuno che, nello specifico contesto
 dell’Emilia Romagna, gli accessi si concentrino sugli interventi di
 ricostruzione pubblica indicati come prioritari, a cominciare da
 quelli relativi all’edilizia scolastica, per cui si sono gia’
 concluse le previste procedure di gara. 
4.3 Tracciabilita’ dei flussi finanziari.
I flussi finanziari derivanti dagli appalti pubblici della
 ricostruzione sono comunque soggetti agli obblighi di tracciabilita’
 stabiliti dalla legge n. 136/2010.
Tali obblighi rispondono all’esigenza di garantire la trasparenza
 del “percorso” del denaro pubblico al fine di consentire di
 individuare, anche a distanza di anni, i “percettori” di tali
 erogazioni e di prevenire forme di riciclaggio o comunque di
 captazione di risorse finanziare da parte di soggetti economici
 legati agli ambienti della criminalita’ organizzata.
Nel sottolineare l’importanza di questi strumenti conoscitivi, si
 evidenzia la necessita’ che gli Organi di polizia laddove
 riscontrino, anche all’esito degli accessi ai cantieri, violazioni
 degli obblighi di tracciabilita’ provvedano, esperiti gli opportuni
 accertamenti, ad elevare il verbale di contestazione delle infrazioni
 riscontrate, curandone il contestuale inoltro al Prefetto per le
 conseguenti determinazioni da adottarsi secondo le procedure
 stabilite dalla legge 24 novembre 1981, n. 689. 
4.4 Elenchi di fornitori di prestatori di beni e servizi (“white
 list”). 
L’art. 5-bis, commi da 1 a 3, del ripetuto decreto-legge n.
 74/2012 prevede l’istituzione, presso ciascuna Prefettura dell’area
 sismica, di “white list” nelle quali possono iscriversi gli operatori
 economici operanti nei settori indicati, previa verifica dell’assenza
 di controindicazioni sul piano della contiguita’ mafiosa da
 accertarsi secondo le modalita’ previste per il rilascio delle
 informazioni antimafia.
Si tratta di disposizioni che intendono agevolare i soggetti
 aggiudicatari nella scelta degli operatori economici cui conferire i
 subappalti e che si colloca nell’alveo di una serie di iniziative
 tese a premiare le imprese virtuose.
Il recentissimo decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 – che, come
 detto, nel momento in cui sono adottate le presenti Linee Guida e’
 ancora in via di conversione – ha rafforzato ulteriormente tali
 disposizioni.
Difatti, la nuova versione del comma 1 del citato art. 5-bis
 introduce chiaramente effetti sollecitatori ai fini del popolamento
 delle “white list”, prevedendo che per la selezione degli operatori
 economici e le attivita’ imprenditoriali indicate al comma 2 dello
 stesso art. 5-bis, come integrato dal ripetuto decreto-legge n.
 174/2012, non si potra’ prescindere quanto meno dall’avvenuta
 presentazione delle relative domande di iscrizione. Tali effetti
 sollecitatori si riferiscono alle imprese, anche subappaltatrici,
 impegnate sia nella ricostruzione pubblica, sia nella ricostruzione
 privata.
La novita’ introdotta implichera’ un surplus di attivita’ a
 carico delle Prefetture dell’area sismica, chiamate a svolgere
 accertamenti nella forma delle informazioni antimafia nei confronti
 di una “platea” piu’ ampia di soggetti. Si auspica, quindi, che siano
 adottate le opportune misure per garantire la sostenibilita’
 amministrativa di tale surplus e un’adeguata risposta in termini di
 performance.
Il citato art. 5-bis, al comma 6, stabilisce che l’iscrizione e
 la conservazione delle “white list” avvenga con le modalita’
 stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18
 ottobre 2011 relativo alla costituzione di analoghi elenchi di
 fornitori per l'”emergenza Abruzzo”.
Alla luce di cio’ e considerate le novita’ introdotte dal
 ricordato decreto-legge n. 174/2012 in via di conversione, si ritiene
 di dover confermare i suggerimenti applicativi gia’ formulati dal
 Comitato proprio in relazione all’applicazione di tale decreto per lo
 specifico contesto della ricostruzione abruzzese.
Cio’ premesso, occorre precisare che, sul piano soggettivo il
 citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri prevede
 all’articolo 3, comma 1, che negli elenchi possono iscriversi le
 imprese esercenti talune attivita’ a rischio che, per la
 ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del maggio scorso si
 identificano in quelli indicati nel piu’ volte evocato art. 5-bis,
 comma 2, del decreto-legge n. 74/2012.
L’art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,
 al comma 2 precisa che le verifiche miranti ad accertare
 l’insussistenza delle condizioni ostative di cui all’articolo 10,
 comma 7, lettere a), b) e c), del d.P.R. n. 252/1998, sono eseguite
 dal Prefetto della provincia in cui ha sede l’impresa interessata
 all’iscrizione.
Ne discende che negli elenchi che dovranno essere costituiti
 presso le Prefetture delle Province dell’area sismica possono anche
 iscriversi imprese che non hanno sede in nessuna delle citate
 province interessate dagli interventi di ricostruzione post-sisma.
Conformemente a quanto previsto dall’ art. 4 del ripetuto decreto
 del Presidente del Consiglio dei Ministri, l’iscrizione e’ disposta
 dal Prefetto che riceve l’istanza, il quale esegue le verifiche anche
 attivando il Prefetto competente se l’impresa abbia sede in altra
 provincia.
Si puntualizza che tale ultima autorita’ dovra’ effettuare le
 verifiche in questione secondo criteri operativi di particolare
 incisivita’.
A questo proposito si sottolinea l’importanza che:
come sempre, siano coinvolti nell’istruttoria i competenti
 Uffici e Comandi territoriali delle Forze di polizia a competenza
 generale, nonche’ il Centro Operativo DIA di riferimento;
gli esiti dell’istruttoria svolta formino oggetto di analisi da
 parte del Gruppo Interforze che potra’ cosi’ fornire un apporto al
 Prefetto della provincia in cui e’ ubicata la sede legale
 dell’impresa.
Inoltre, per non disperdere il principio di concentrazione
 informativa, di cui si e’ gia’ detto al precedente paragrafo 3.4 di
 questa Parte, le risultanze cosi’ acquisite dalla Prefettura della
 provincia dove ha sede legale l’impresa andranno integralmente
 trasmesse alla Prefettura del “cratere sismico” che ha ricevuto
 l’istanza.
Le Prefetture interessate potranno coinvolgere nell’iter
 istruttorio il GIRER per eventuali contributi di analisi o di
 approfondimento informativo.
Concluso l’iter istruttorio, la Prefettura dell’area sismica che
 ha ricevuto l’istanza potra’ disporre l’iscrizione dell’operatore
 economico ovvero, qualora emergano situazioni di controindicazione,
 il rigetto dell’istanza, come previsto dall’articolo 4, comma 4, del
 decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre
 2011.
Dell’avvenuta iscrizione o del rigetto, la Prefettura del
 “cratere sismico” provvedera’, inoltre, a darne comunicazione sia
 all’impresa interessata, sia alla Prefettura nella cui provincia e’
 ubicata la sede legale della medesima impresa, conformemente alle
 disposizioni dell’art. 4, commi 2 e 4, del decreto del Presidente del
 Consiglio dei Ministri.
L’art. 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
 detta specifiche disposizioni per la revisione periodica degli
 elenchi in questione, secondo un procedimento connotato da tratti di
 accentuata dinamicita’ che consentono di tenere conto in progress dei
 possibili elementi di rilievo riguardanti la vita dell’impresa
 stessa.
In questo senso, si inquadra la previsione del comma 4 che pone a
 carico delle ditte iscritte l’obbligo di segnalare le variazioni
 degli assetti proprietari e gestionali intervenuti durante il periodo
 di iscrizione.
Per il buon funzionamento di questo innovativo sistema e’
 necessario, nell’ottica del sistema di rete di monitoraggio postulato
 dal decreto ministeriale 14 marzo 2003, un approccio proattivo non
 solo da parte delle Prefetture del “cratere”, ma anche da parte delle
 Prefetture nelle cui circoscrizioni le ditte iscritte hanno la
 propria sede legale.
In questo senso, appare fondamentale che queste ultime segnalino
 alla Prefettura presso cui e’ iscritto l’operatore economico ogni
 situazione di possibile rilievo a fini antimafia, tra le quali
 rivestono una primaria importanza i provvedimenti interdittivi.
Si attira, inoltre, l’attenzione sulla previsione dell’art. 3,
 comma 1, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
 del 18 ottobre 2011 che stabilisce il principio di interconnessione e
 di libera consultabilita’ delle “white list”.
La disposizione tende evidentemente ad agevolare la
 conoscibilita’ dell’esistenza dell’iscrizione negli elenchi
 conservati presso ogni Prefettura interessata, in modo da evitare
 alle imprese di doverla richiedere per ciascuna Provincia dove
 intende operare e alle Prefetture di ripetere accertamenti che sono
 stati gia’ svolti.
In tal modo, il sistema tende a garantire un’efficacia
 ultraprovinciale alle “liste” in questione, nel senso che
 l’iscrizione in esse avra’ validita’ per tutti gli ambiti interessati
 dalla ricostruzione “post sisma”.
Pertanto, nelle more della realizzazione delle citate
 interconnessioni, si raccomanda che ciascuna Prefettura dell’area
 sismica provveda a:
attivare sui propri siti internet apposite sezioni dedicate
 alle “white list”. In considerazioni delle novita’ recate dal
 ripetuto decreto-legge n. 174/2012, tali sezioni devono essere
 articolate in due parti: la prima destinata a fare stato delle
 imprese iscritte, la seconda destinata a fare stato delle imprese che
 abbiano richiesto l’iscrizione e nei confronti delle quali non si sia
 ancora concluso il relativo procedimento. I soggetti ai quali sia
 stata negata l’iscrizione dovranno essere contestualmente cancellati
 dall’elenco dei richiedenti;
comunicare alle altre Prefetture della stessa area sismica le
 imprese iscritte. Queste ultime provvederanno ad inserirle nei propri
 elenchi, con la precisazione della Prefettura che ha disposto
 l’iscrizione.
In considerazione degli effetti che il decreto-legge n. 174/2012
 attribuisce alle “white list”, e’ onere della stazione appaltante e
 dei soggetti che conferiscono sub-incarichi consultare periodicamente
 i siti internet delle Prefetture dell’area sismica per verificare che
 gli operatori economici della filiera conservino i presupposti
 antimafia richiesti dallo stesso decreto-legge n. 174/2012.
Si segnala, infine, che il Comitato ha recentemente esaminato la
 questione se possano essere iscritte nelle “white list” imprese nei
 cui confronti emergono situazioni suscettibili di essere segnalate
 dai Prefetti alla stazione appaltante o a ad altri soggetti pubblici
 ai sensi dell’art. 1-septies del citato decreto-legge n. 629/1982.
Sull’argomento, il Comitato ha espresso, il 25 maggio 2012,
 alcuni indirizzi contenuti in un parere, cui si fa rinvio, diretto al
 Prefetto dell’Aquila e consultabile presso il sito internet del
 Ministero dell’Interno, nella sezione dedicata al Comitato (e piu’ in
 particolare alla voce “pareri del Comitato”). 
Parte III
Prevenzione delle infiltrazioni mafiose negli interventi di
 ricostruzione commissionati dai privati e finanziati con fondi
 pubblici 
1. Premessa.
Sulla scorta delle esperienze maturate in occasione
 dell'”emergenza Abruzzo”, l’art. 5-bis, commi 1 e 4, del
 decreto-legge n. 74/2012, come integrato dal decreto-legge n.
 174/2012, estende i controlli antimafia anche ai lavori di
 ricostruzione affidati dai privati con l’impiego dei contributi
 pubblici previsti dal medesimo decreto-legge.
Il Legislatore ha, in tal modo, riconosciuto l’esigenza di
 omogeneizzare i controlli antimafia relativi ai due “segmenti”
 (quello demandato all’iniziativa pubblica e quello demandato
 all’iniziativa privata) sui quali si sviluppera’ il processo di
 ricostruzione.
In questo senso la cennata disposizione, in considerazione della
 rilevante entita’ delle erogazioni pubbliche previste per gli
 interventi di risanamento degli edifici di proprieta’ di soggetti
 privati ha individuato due linee d’azione:
a) la tracciabilita’ dei flussi finanziari relativi alle
 erogazioni pubbliche concesse ai privati per la ricostruzione (comma
 5);
b) i controlli antimafia sugli interventi di ricostruzione
 commissionati dai privati con l’impiego dei fondi pubblici, da
 attuarsi secondo il modello definito dal Comitato con le presenti
 Linee Guida (comma 4) e tenendo conto degli effetti sollecitatori che
 anche su questo segmento della ricostruzione dispiegano le “white
 list”.
E’ opportuno precisare che tali misure si aggiungono ai controlli
 ordinari gia’ previsti dall’ordinamento e che trovano applicazione
 relativamente alla concessione di contributi destinati alle imprese.
A questo proposito, si ritiene opportuno richiamare l’attenzione
 sulla recente sentenza n. 19 emessa il 16 aprile 2012 dall’Adunanza
 Plenaria del Consiglio di Stato.
Con tale pronuncia, il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa
 ha preliminarmente osservato che sia le norme oggi vigenti
 (segnatamente l’art. 4 e l’Allegato 3 del decreto legislativo n.
 490/1994) sia quelle destinate ad entrare in vigore in futuro (il
 combinato disposto degli artt. 67, 88 e 91 del decreto legislativo n.
 159/2011) definiscono, con formule linguistiche identiche, i casi in
 cui la concessione di fondi pubblici a soggetti imprenditoriali e’
 assoggettata ai controlli antimafia.
Piu’ in dettaglio, le citate disposizioni richiedono
 l’acquisizione della documentazione antimafia per i “contributi,
 finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo,
 comunque denominati, concessi dallo Stato, o da altri enti pubblici o
 dalle Comunita’ europee”.
L’ampia formula utilizzata dal Legislatore consente di
 ricomprendere nelle fattispecie assoggettate a controllo non solo le
 sovvenzioni che hanno una finalita’ di “arricchimento” dell’operatore
 economico, ma anche quelle che hanno una finalita’ piu’ prettamente
 compensativa o di indennizzo per le perdite subite.
Il Consiglio di Stato ha sottolineato che questa conclusione e’
 rafforzata anche da argomenti di ordine sistematico desumibili dal
 diritto penale e, piu’ in particolare, dall’art. 316-ter c.p.
Questa disposizione perimetra l’elemento oggettivo del delitto di
 indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato con una formula
 del tutto analoga a quella utilizzata dal decreto legislativo n.
 490/1994 sopra riportata ed anche la Corte di Cassazione ne postula
 un’interpretazione in senso ampio che prescinde dalla natura e dalle
 finalita’ sottostanti all’erogazione pubblica o al vantaggio
 economico riconosciuto al privato (Corte Cassazione, Sezioni Unite 16
 dicembre 2010, n. 7537).
Si rassegna quest’evoluzione giurisprudenziale alla particolare
 attenzione dei Commissari delegati e ai soggetti di cui si avvarranno
 per gli adempimenti antimafia da espletarsi in relazione alla
 concessione dei contributi e degli altri benefici previsti dall’art.
 3 del decreto-legge n. 74/2012 a favore delle imprese danneggiate in
 vario modo dalla crisi sismica del maggio scorso.
Per quanto concerne gli altri aspetti del modello di controllo
 antimafia da attuarsi in relazione alla ricostruzione privata, il
 Comitato ritiene di dover formulare gli indirizzi riportati nei
 paragrafi seguenti. 
2. Tracciabilita’ dei flussi finanziari.
L’art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge n. 74/2012 assoggetta
 agli obblighi di tracciabilita’ finanziaria di cui alla legge n.
 136/2010 le erogazioni e le concessioni di provvidenze pubbliche a
 favori di soggetti privati per l’esecuzione di interventi di
 ricostruzione e ripristino. Tali obblighi – viene precisato al
 successivo comma 6 – sono attuati secondo le particolari modalita’
 stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18
 ottobre 2011 relativo alla ricostruzione delle localita’ dell’Abruzzo
 colpite dal sisma del 6 aprile 2009.
In particolare, l’art. 2 di quest’ultimo provvedimento stabilisce
 che i soggetti privati nell’impiego delle citate provvidenze devono
 effettuare i pagamenti, utilizzando bonifici bancari o postali o
 altri mezzi idonei a garantire la piena tracciabilita’ delle
 operazioni.
Sui suddetti strumenti di pagamento deve essere riportato il
 Codice Unico di Progetto (CUP).
A questo proposito si evidenzia che, in virtu’ della citata
 disposizione, deve considerarsi vietata la possibilita’ di effettuare
 pagamenti per gli interventi di ricostruzione e ripristino in denaro
 contante, salvo quelli inferiori all’importo di mille euro,
 consentiti in virtu’ di quanto stabilito dal rinvio all’art. 49,
 comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 operato
 dall’art. 2, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei
 Ministri 18 novembre 2011. Come pure non puo’ ritenersi ammessa
 l’effettuazione di pagamenti con particolari forme di moneta
 elettronica (card based e-money e software based e-money).
Anche lo strumento dell’assegno bancario, ancorche’ rechi la
 clausola di «non trasferibilita’», sembra non corrispondere appieno
 al requisito in discorso: infatti, se appare possibile che sul retro
 del titolo venga annotata l’informazione aggiuntiva connotante
 l’operazione finanziaria, non altrettanto puo’ dirsi per la
 registrazione e la conservazione in forma sistemica dell’informazione
 finanziaria aggiuntiva, allorche’ l’assegno venga presentato allo
 sportello per l’incasso o accettato in versamento.
Resta impregiudicata l’ipotesi che un’impresa che abbia
 partecipato ai lavori e risulti creditrice di una somma di denaro
 relativa alla prestazione resa, possa procedere all’incasso di tale
 somma e chiedere alla propria banca di appoggio, previo accordo con
 la controparte, l’emissione di una RiBa (Ricevute Bancarie
 Elettroniche), con l’avvertenza e a condizione, tuttavia, che il
 relativo flusso elettronico delle informazioni venga predisposto per
 la registrazione del codice identificativo dell’operazione, ossia
 dell’informazione tracciante.
Nel sistema delineato dal citato decreto del Presidente del
 Consiglio dei Ministri 18 ottobre 2011 il CUP costituisce
 “l’informazione tracciante” che permette di ricostruire il percorso
 del denaro pubblico erogato.
Il CUP e’ assegnato tramite il sistema gestito dall’apposita
 Struttura di supporto presso la Presidenza del Consiglio dei
 Ministri.
Il Comitato osserva che l’attuazione del sistema di
 tracciabilita’ deve avvenire con modalita’ tali da evitare ogni
 possibile aggravio non necessario a carico dei privati.
Pertanto, il CUP sara’ richiesto per ogni singolo intervento di
 ricostruzione dai Commissari delegati o dai soggetti di cui essi si
 avvalgono alla citata Struttura della Presidenza del Consiglio dei
 Ministri. Si evidenzia a questo proposito che – come gia’
 positivamente sperimentato in occasione dell'”emergenza Abruzzo” –
 potranno essere rivolte alla citata Struttura di supporto, per via
 telematica, richieste cumulative che saranno evase nell’arco delle
 ventiquattro ore.
I Commissari delegati ovvero i soggetti di cui essi si avvalgono
 provvedono a comunicare i CUP rilasciati agli interessati, in modo da
 consentire loro di soddisfare gli obblighi di tracciabilita’, secondo
 le specifiche disposizioni che regolano la materia.
Si evidenzia che il citato art. 2 del decreto del Presidente del
 Consiglio dei Ministri 18 ottobre 2011 fa espresso riferimento alla
 tracciabilita’ dei pagamenti che il privato percettore delle
 provvidenze pubbliche effettua a favore delle imprese con le quali ha
 stipulato il contratto di appalto delle opere di ricostruzione e
 ripristino.
Questo sistema puo’ essere utilmente completato attraverso una
 forma di collaborazione pubblico-privato, gia’ attuata sulla base
 degli indirizzi espressi dal Comitato, nel contesto dell”’emergenza
 Abruzzo” che consente di estendere gli obblighi di tracciabilita’
 finanziaria anche agli altri operatori economici della filiera aventi
 causa dall’appaltatore (subaffidatari).
Tale accorgimento consiste nell’inserimento nei contratti di
 appalto della clausola di tracciabilita’ con la quale l’appaltatore
 si impegna ad eseguire i pagamenti a valle con le stesse modalita’ di
 trasparenza, pena la possibilita’ per il committente di rescindere il
 contratto ai sensi dell’art. 1456 c.c.
Si annota, infine, che il ripetuto art. 2 del decreto del
 Presidente del Consiglio dei Ministri 18 ottobre 2011 prevede che le
 violazioni del divieto di effettuare pagamenti in contanti pari o
 superiori ai mille euro (soglia stabilita dall’art. 49, comma 1, del
 decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231) e’ punita con la
 sanzione pubblicistica di cui all’art. 58, comma 1, del medesimo
 decreto legislativo n. 231 del 2007.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 ottobre
 2011 nulla dispone invece relativamente alle violazioni degli
 obblighi di tracciabilita’ perpetrate attraverso l’utilizzazione di
 strumenti di pagamento che non consentono di ricostruire il percorso
 del denaro pubblico per i motivi sopra illustrati, ovvero senza
 l’utilizzazione del conto corrente dedicato.
Questo “vuoto” puo’ tuttavia essere colmato grazie alla
 collaborazione che potra’ essere prestata dai Commissari delegati i
 quali – si ritiene – potranno condizionare la concessione delle
 erogazioni pubbliche all’integrale rispetto recata dal piu’ volte
 menzionato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
In questo senso i Commissari delegati potranno, nell’atto di
 concessione, introdurre clausole tese a prevedere le conseguenze
 giuridiche derivanti dalle violazioni degli obblighi di
 tracciabilita’ diversi da quelli di cui all’art. 49, comma 1, del
 decreto legislativo n. 231/2007, determinando:
a) la perdita totale del beneficio, nel caso in cui la
 transazione finanziaria di qualsiasi importo tra il privato
 beneficiario e la ditta che ha eseguito l’appalto di lavori venga
 effettuata senza avvalersi di banche e di Poste italiane S.p.a.; la
 scorrettezza del comportamento trasgressivo, tale da frustare il
 sistema di controllo finanziario, rende giustificata una sanzione
 afflittiva particolarmente grave, sulla scorta delle consimili
 disposizioni in materia;
b) la revoca parziale del contributo nel caso in cui la
 transazione finanziaria di cui al punto precedente venga eseguita
 senza la corretta osservanza delle procedure di tracciamento, vale a
 dire senza l’utilizzo del conto dedicato o con mezzi di pagamento
 diversi dal bonifico bancario o postale; la revoca potra’ essere
 disposta in misura corrispondente all’importo della transazione. 
3. I controlli antimafia sulla ricostruzione privata.
3.1 Considerazioni generali.
Come si e’ gia’ accennato, l’art. 5-bis del decreto-legge n.
 74/2012 investe il Comitato della responsabilita’ di delineare il
 sistema dei controlli sugli interventi di ripristino degli immobili
 commissionati dai privati con l’impiego di fondi pubblici.
Tale sistema dei controlli deve tenere conto di una serie di
 particolarita’ che si riscontrano in questo “segmento” del processo
 di ricostruzione, che, a parte il momento della concessione del
 beneficio finanziario, si muove secondo dinamiche segnate
 dall’autonomia privata.
E’ evidente che tali dinamiche possono essere pienamente
 condizionate solo da disposizioni di rango primario, mentre una fonte
 di livello secondario – cui possono essere assimilate le Linee Guida
 del Comitato limitatamente all’investitura ricevuta dal decreto-legge
 n. 74/2012 – puo’ incidere solo in termini minori.
Cio’ implica che relativamente al settore in commento non sia
 possibile replicare tout court il modello dei controlli antimafia
 previsti per i contratti pubblici e che occorra invece adottare una
 diversa modulazione del sistema di prevenzione amministrativa capace
 di far leva, oltre che su un’accentuata “logica di rete”, del resto
 imposta anche dal decreto ministeriale 14 marzo 2003, anche su una
 forte collaborazione pubblico-privato.
Del resto, una soluzione del tutto analoga e’ stata messa in
 pratica a partire dal 2011 nel contesto dell'”emergenza Abruzzo” che
 presenta significative assonanze con quello della ricostruzione
 dell’area colpita dagli eventi del 2012.
Cio’ premesso, il Comitato ritiene di formulare i seguenti
 indirizzi. 
3.2 L’adeguamento degli strumenti contrattuali.
Le esperienze avviate, a partire dal 2010, con la stipula del
 primo protocollo d’intesa tra il Ministero dell’interno e proseguite
 su diversi piani, con l’istituzione delle “white list” e del “rating
 di legalita’” (art. 5-ter del decreto-legge n. 1/2012), rendono
 evidente un’evoluzione dell’ordinamento tesa a creare un sistema di
 “filtraggio” delle imprese che guardi alla sicurezza intesa nella sua
 piu’ ampia accezione: sicurezza dei luoghi di lavoro; sicurezza delle
 attivita’ di cantiere, a presidio della qualita’ della realizzazione
 dell’opera e dei materiali impiegati (rilevante in maniera
 particolare sotto il profilo antisismico); sicurezza antimafia, a
 tutela della tenuta del tessuto economico-imprenditoriale.
In tale quadro e con riferimento all’obiettivo di alimentare un
 sistema integrato e coeso di sicurezza, si coglie appieno, allora,
 l’utilita’ promanante dall’istituzione e dal funzionamento delle
 “white list”, considerato che in esse si trova l’identico specimen
 delle vendor-list.
Queste linee evolutive fanno leva per affermarsi su strumenti,
 per cosi’ dire, di soft power, imperniati principalmente su una serie
 di attivita’ collaborative che, nel contesto in commento, possono
 trovare un valido volano nei Prefetti dell’area sismica chiamati a
 svolgere un’azione di impulso e spinta verso processi di responsabile
 condivisione.
All’interno di questo contesto, appare particolarmente
 significativa la soluzione praticata dalle citate intese
 collaborative stipulate con Confindustria dove si prevede che le
 imprese aderenti all’iniziativa si obbligano ad inserire nei
 contratti con i fornitori clausole risolutive espresse per le ipotesi
 di informazione interdittiva tipica emessa a carico degli stessi
 fornitori da parte della Prefettura competente, nonche’ in altri casi
 compresi il mancato rispetto degli obblighi di tracciabilita’
 finanziaria e di mancata denuncia di richieste estorsive. In dette
 evenienze, pertanto, l’impresa non soltanto procede alla
 cancellazione del fornitore, cui si riferiscono le situazioni
 ostative, dalla propria vendor list, ma da’ luogo all’immediato
 scioglimento del rapporto contrattuale.
L’introduzione di clausole contrattuali di salvaguardia
 rappresenta una best practice, applicata, con risultati positivi, in
 Abruzzo per la citata situazione di emergenza, dove si e’ ravvisata,
 percio’, l’esigenza che la concessione di contribuzioni economiche
 venga «incernierata» adeguatamente con le sottostanti pattuizioni
 privatistiche e, su tale piano, sia assistita da garanzie che
 corrispondano alla coerenza di tale disegno.
Sulla scorta di tale esperienza, il Comitato ravvisa la
 necessita’ che i Commissari delegati e i soggetti di cui essi si
 avvalgono per l’erogazione dei contributi per gli interventi privati
 di ricostruzione verifichino, nell’ambito delle procedure
 pubblicistiche connesse al riconoscimento delle contribuzioni
 economiche in discorso, che nei contratti di appalto venga inserita,
 oltre alla citata clausola di tracciabilita’ finanziaria, una
 specifica clausola antimafia in base alla quale:
a) il privato risulta legittimato ad attivare la risoluzione
 del contratto ex articolo 1456 c.c. nel caso in cui nei confronti
 dell’appaltatore venga emessa un’informazione prefettizia
 interdittiva tipica;
b) l’appaltatore si impegna ad inserire nei contratti con
 eventuali subappaltatori clausole risolutive espresse la cui
 attivazione e’ collegata all’emissione di un’informazione prefettizia
 interdittiva tipica nei confronti della propria controparte, nonche’
 al diniego o alla cancellazione dell’iscrizione negli elenchi
 prefettizi, nei settori contemplati dall’art. 5-bis, comma 2, del
 decreto-legge n. 74/2012, come integrato dal decreto-legge n.
 174/2012. L’appaltatore si impegna, altresi’, ad interrompere
 immediatamente rapporti di approvvigionamento con fornitori della
 filiera che siano colpiti da informazione antimafia interdittiva
 ovvero da provvedimento di cancellazione da una delle “white list”
 ovvero da diniego di iscrizione.
E’ opportuno chiarire che l’introduzione della clausola suddetta
 non determina, ne’ in capo al soggetto privato appaltante, ne’ in
 capo all’impresa appaltatrice per quanto riguarda i rapporti a valle,
 l’obbligo di richiedere il rilascio di alcuna documentazione
 antimafia alla Prefettura competente. Per cio’ che riguarda l’impresa
 appaltatrice vale qui rilevare come l’obbligo in questione sia
 peraltro escluso nel caso in cui il fornitore o il subcontraente
 risulti iscritto nelle citate “white list”.
Nei casi in cui l’iniziativa del privato per l’adeguamento del
 rapporto contrattuale con il proprio appaltatore non vada a buon fine
 per l’indisponibilita’ dell’impresa, sussiste l’interesse pubblico a
 darne informazione alla Prefettura competente. 
3.3 Indicazioni relative all’indirizzo dell’attivita’ di controllo.
Si e’ appena detto al paragrafo precedente come non occorra che
 il privato o l’impresa attivino le procedure di rilascio della
 documentazione antimafia. Tale indicazione tiene conto e tende a
 valorizzare «risorse di sistema» che rendano piu’ fluidi i percorsi
 amministrativi e, al tempo stesso, sgravino i privati da oneri non
 necessari. Infatti, con l’allegazione del contratto di appalto,
 l’amministrazione concedente e, per l’effetto, il sistema di gestione
 pubblica delle domande di contributo economico viene in possesso
 dell’elemento informativo necessario all’attivazione della fase di
 controllo – consistente nell’identificazione dell’impresa che ha
 assunto l’appalto – ed e’ in ogni momento in condizione di
 corrispondere ad esigenze informative espresse dalle strutture e
 dagli organismi deputati: Gruppi Interforze, GIRER, Centro Operativo
 DIA, ecc..
Per cio’ che attiene poi ai partners economici dell’appaltatore,
 in particolare ai fornitori e prestatori di servizi cosiddetti
 «sensibili», il problema tende ad essere trasferito e risolto a
 monte, e cioe’, come si e’ rilevato, attraverso l’istituzione delle
 “white list”.
Vi e’ poi una valutazione di fondo, che attiene alla
 «sostenibilita’ amministrativa» di un sistema che imperniasse la fase
 dei controlli antimafia e ne facesse discendere l’attivazione dalle
 migliaia di richieste di informazioni provenienti dalle minuscole
 «stazioni appaltanti» in cui sarebbero costretti a trasformarsi, loro
 malgrado, i privati che hanno in gestione i singoli interventi di
 ricostruzione. Sono del tutto evidenti i rischi di entropia, come
 altrettanto evidente e’ il disagio che gli stessi diretti interessati
 finirebbero col subire senza un reale beneficio di sistema.
Su un piano collaterale vi e’ poi da considerare la necessita’
 che l’attivita’ di controllo, onde non risultare dispersiva a fronte
 della notevole dimensione e complessita’ dell’impegno, concentri i
 suoi sforzi su specifici filoni d’interesse collegati alla
 possibilita’ che i lavori della ricostruzione attraggano il
 prevedibile interesse delle consorterie criminali, determinando
 tentativi di inserimento perseguiti attraverso sofisticate forme di
 schermatura giuridico-finanziaria di difficile rilevazione.
In questo quadro, costituisce fattore decisivo e strategico
 l’attivita’ di intelligence investigativa nell’ambito della quale
 assume un ruolo importante il GIRER destinato ad operare in stretto
 raccordo con i Gruppi Interforze delle Prefetture e con il Comitato.
In particolare il GIRER, in forza del decreto ministeriale
 istitutivo del 17 agosto scorso, svolge compiti di monitoraggio e di
 analisi delle informazioni concernenti, tra l’altro i trasferimenti
 di proprieta’ di immobili e di beni aziendali, al fine di verificare
 eventuali attivita’ di riciclaggio ovvero concentrazioni o controlli
 da parte di organizzazioni criminali. Tale attribuzione del GIRER
 appare suscettibile di interessante sviluppo, ove si pensi che le
 attivita’ di ricostruzione possono indurre il rischio sia di forme di
 migrazione da parte di imprese a partecipazione criminale, dirette ad
 acquisire nel business delle ricostruzioni consistenti spazi di
 mercato, sia di interferenze mafiose nel capitale sociale di altre
 compagini aziendali attraverso mimetiche iniziative finanziarie.
E’ evidente che questo specifico filone di attivita’ presuppone
 un attento monitoraggio dei subentri negli organi sociali, nella
 titolarita’ delle imprese individuali, ma soprattutto nelle quote
 sociali, essendo, come noto, la struttura della societa’ di capitali
 quella che meglio consente la «spersonalizzazione» dell’apporto
 societario di origine criminale.
Si e’ detto della necessita’ di considerare la sicurezza
 antimafia parte di un concetto piu’ ampio, all’interno del quale si
 collocano anche forme collaterali di controllo su aspetti concorrenti
 della sicurezza.
Vi sono, infatti, ambiti nei quali i comportamenti illegali o di
 grave irregolarita’ posti in essere dall’impresa determinano non solo
 lo scadimento del profilo reputazionale e un’attenuazione
 dell’elemento fiduciario, ma possono senz’altro essere considerati
 sintomi rivelatori di una piu’ grave compromissione dell’impresa.
In tali casi gli accertamenti intervenuti possono rivelarsi in un
 ampio quadro di analisi sintomatici e significativi anche sul piano
 dell’antimafia, nel senso che su di essi puo’ oggettivamente fondarsi
 il giudizio probabilistico circa il fatto che l’impresa, in maniera
 anche indiretta, sia condizionata dalla criminalita’ o sia da
 considerarsi strumentale rispetto ad interessi ed attivita’
 criminose.
Appare opportuno richiamare in proposito la disposizione di cui
 all’articolo 5 del decreto ministeriale del 14 marzo 2003, secondo la
 quale le attivita’ di monitoraggio dei Gruppi Interforze si avvalgono
 degli esiti degli accessi ispettivi sui cantieri per la verifica del
 rispetto della normativa in materia di lavoro, nonche’ delle misure
 relative alla sicurezza fisica dei lavoratori.
In quest’ottica e’ da considerarsi irrinunciabile, ai fini
 dell’accertamento di situazioni di inquinamento mafioso, l’apporto
 informativo proveniente dalle ispezioni in situ.
Tali iniziative ispettive devono essere sviluppate secondo
 modalita’ naturalmente diverse da quelle degli accessi ai cantieri
 relativi all’esecuzione di appalti pubblici di lavoro.
Non puo’, infatti, essere trascurato che i siti dove vengono
 realizzati interventi di riparazione e ripristino degli immobili
 privati sono anch’essi luoghi privati.
Considerato che l’art. 5-bis del decreto legislativo n. 490/1994
 circoscrive il potere di accesso ai soli cantieri relativi ad opere
 pubbliche, si ritiene che andranno valorizzate le possibilita’
 operative garantite dalle diverse componenti dei Gruppi Interforze.
Ci si riferisce, in particolare, alla rappresentanza della
 Direzione Territoriale del Lavoro, il cui personale ispettivo e’
 autorizzato ex lege ad accedere ad alcune tipologie di luoghi di
 lavoro tra cui anche i cantieri edili (art. 8 del d.P.R. 19 marzo
 1955, n. 520). Peraltro, risulta che il Ministero del Lavoro e delle
 Politiche Sociali ha sottoscritto protocolli con altre
 Amministrazioni tendenti a prevedere la possibilita’ di affiancare
 gli ispettori del lavoro con altro personale anche non specializzato
 nelle materie lavoristiche. Ne e’ un esempio la convenzione stipulata
 il 29 settembre 2010, che prevede il supporto dei Comandi
 territoriali dell’Arma dei Carabinieri alle ispezioni compiute dagli
 Organi ispettivi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Valendosi di queste possibilita’, si raccomanda che i Prefetti
 delle Province interessate richiedano alle rispettive Direzioni
 Territoriali del Lavoro di inserire, nell’ambito della programmazione
 delle attivita’ ispettive, l’esecuzione di controlli in situ presso i
 cantieri della ricostruzione privata individuati come di interesse da
 parte dei Gruppi Interforze anche con gli apporti del GIRER. Tale
 inserimento deve avvenire secondo moduli snelli – da concordare
 preventivamente con i Direttori Regionali e Territoriali del Lavoro –
 in modo da consentire rapidita’ di intervento.
L’esperienza maturata nel contesto dell’ “emergenza Abruzzo” ha
 infatti dimostrato come, a differenza di quanto accade nei lavori
 pubblici, gli interventi di ricostruzione privata vengono eseguiti
 con un certo tasso di discontinuita’ che rende meno facile una
 pianificazione di lungo periodo.
E’ quindi indispensabile l’esecuzione di visite ispettive
 concordate con termini brevi di programmazione, in modo da non
 vanificare l’impiego di risorse.
Inoltre, e’ importante che, anche a tutela della sua sicurezza,
 il personale ispettivo sia affiancato da personale degli Organi di
 polizia, in primo luogo dell’Arma dei Carabinieri (giusta la citata
 convenzione) e della Polizia di Stato in servizio presso le Questure
 e i Commissariati di Pubblica Sicurezza per l’eventuale supporto alla
 lotta all’immigrazione clandestina, nonche’ – ove possibile e
 comunque previe intese con i Sindaci interessati – dei Corpi e
 Servizi di Polizia Municipale.
I risultati delle iniziative sono destinati a formare oggetto di
 analisi nell’ambito dei Gruppi Interforze che da essi possono trarre
 spunto per l’individuazione di situazioni di tentata ingerenza
 mafiosa da approfondire per consentire ai rispettivi Prefetti di
 adottare le eventuali misure interdittive.
In considerazione dell’ampiezza e complessita’ di siffatta
 attivita’ di controllo, si ravvisa l’utilita’ di istituire una forma
 di sussidiarieta’ tra i Gruppi Interforze delle diverse Prefetture
 interessate, nel senso che gli accessi ispettivi potranno essere
 eseguiti anche in deroga alla competenza territoriale, secondo un
 articolato programma di lavoro dei Gruppi Interforze che potra’
 essere concordato tra i Prefetti interessati. 
3.4. Indicazioni specifiche per i Prefetti delle Province dell’Emilia
 Romagna. 
Nell’ambito di queste indicazioni di tenore generale, il Comitato
 ritiene opportuno formulare alcune indicazioni dirette specificamente
 ai Prefetti delle Province dell’Emilia Romagna rientranti nell’area
 sismica, al fine di armonizzare i controlli antimafia sulla
 ricostruzione con quelli previsti da intese collaborative avviate
 anche con la locale Amministrazione regionale.
Ci si riferisce, piu’ nello specifico, al protocollo di legalita’
 stipulato il 5 marzo 2012 tra la Regione Emilia Romagna e le
 Prefetture finalizzato a realizzare una compiuta collaborazione
 inter-istituzionale per l’attuazione delle previsioni della legge
 regionale 26 novembre 2010, n. 11, nel settore dell’edilizia e delle
 costruzioni.
A questo proposito, nel richiamare le considerazioni gia’ svolte
 al paragrafo 1 di questa Parte III circa i piu’ recenti orientamenti
 del Consiglio di Stato in questa materia, si osserva, in primo luogo,
 che l’art. 4 del citato protocollo prevede l’assoggettamento ai
 controlli antimafia di un determinato tipo di contributi: quelli
 cioe’ erogati dalla Regione Emilia Romagna per l’avvio o l’esercizio
 di attivita’ di impresa.
Ne consegue, quindi, che la suddetta previsione dell’intesa
 collaborativa trova applicazione alle erogazioni previste a favore
 dei proprietari per il risanamento degli immobili di proprieta’ di
 impresa.
Un’ulteriore precisazione va svolta relativamente all’art. 5 del
 medesimo protocollo che prevede controlli antimafia nei confronti dei
 soggetti richiedenti il permesso a costruire per l’edificazione di
 rilevante entita’ economica.
E’ evidente la finalita’ di tale forma di collaborazione che
 tende a prevenire le ingerenze della criminalita’ organizzata
 attraverso i reinvestimenti nel settore dell’edilizia e per questa
 via a radicarsi nel territorio.
Coerentemente con questa finalita’ e in una logica tesa ad
 evitare dispersioni di risorse amministrative preziose, il Comitato
 ritiene di evidenziare l’utilita’ che queste forme di controllo siano
 riservate solo a quei casi in cui il permesso a costruire venga
 rilasciato per il risanamento e la ricostruzione di grandi unita’
 immobiliari (anche in forma di aggregati di unita’ abitative) ovvero
 di edifici che, dopo il sisma, abbiano fatto registrare variazioni di
 proprieta’.
Appare, da ultimo, utile formulare alcune indicazioni anche con
 riguardo al rapporto tra le “white list”, previste dal citato art.
 5-bis del decreto-legge n. 74/2012, e gli “elenchi di merito” gia’
 attivati precedentemente agli eventi sismici sulla base dell’art. 13
 della citata legge regionale n. 11/2010.
Si tratta di iniziative che presentano punti in comune, essendo
 entrambe finalizzate a favorire la trasparenza e la scelta
 responsabile degli operatori economici da parte dei committenti ed
 essendo l’iscrizione in esse di carattere meramente volontario.
Risultano, pero’, evidenti alcune differenze.
Le “white list” hanno come unica finalita’ la verifica
 dell’assenza di rischi di inquinamento mafioso e sono istituite e
 disciplinate esclusivamente dalla normativa statale (art. 5-bis del
 decreto-legge n. 74/2012 e decreto del Presidente del Consiglio dei
 Ministri 18 ottobre 2011).
Gli “elenchi di merito” sono invece finalizzati a corrispondere
 misure premiali ad imprese di cui sia stata verificata
 preventivamente la rispondenza a determinati requisiti qualitativi.
Tra questi vi e’ anche l’assenza di tentativi di ingerenza
 mafiosa il cui accertamento e’ ovviamente riservato agli Organi dello
 Stato, afferendo alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Ne consegue che le due liste in argomento possono naturalmente
 “convivere” e concorrere a completare la cornice delle cautele
 finalizzate a prevenire le ingerenze della criminalita’ organizzata
 nel processo di ricostruzione. 
4. Ulteriori forme di supporto.
In conclusione di queste Linee Guida, il Comitato ritiene
 opportuno soffermare l’attenzione su alcune dinamiche gia’ rilevate
 nel contesto dell'”emergenza Abruzzo”.
In tale contesto e’ emerso come i privati proprietari che
 commissionano interventi di ricostruzione si trovino nei confronti
 dell’appaltatore in una posizione di “contraente debole”.
Non sempre il singolo e’ in possesso del bagaglio di conoscenze
 giuridiche e tecniche necessarie per salvaguardare alcuni suoi
 interessi, quale quello all’esecuzione dell’opera a regola d’arte e
 nel rispetto di tempi ragionevolmente celeri, che vengono a
 corrispondere a precisi interessi pubblici inerenti l’andamento del
 processo di ricostruzione “post sisma”.
Di tali esigenze si fa in effetti carico il decreto-legge n.
 74/2012, con l’introduzione di alcune misure di carattere
 acceleratorio, quali ad esempio quelle sull’avvio delle opere di
 risanamento dei condomini recate dall’art. 3, comma 4.
Queste misure sono suscettibili di essere rafforzate con
 iniziative volte ad offrire punti di riferimento certi cui i privati
 possono ancorarsi nei rapporti con gli appaltatori prescelti.
In questo senso, si segnala ai Commissari delegati
 l’opportunita’, in analogia a quanto e’ accaduto in Abruzzo, di
 elaborare dei contratti d’appalto – tipo, che comprendano pattuizioni
 capaci di dare vita ad un rapporto negoziale equilibrato.
Inoltre, i Commissari delegati potranno valutare anche la
 possibilita’ di inserire negli schemi negoziali-tipo anche clausole
 tese a prevedere l’impegno per l’impresa cui vengono affidati i
 lavori di produrre al privato committente il DURC attestante la
 regolarita’ della propria posizione quanto all’assolvimento dei
 prescritti oneri contributivi e assicurativi a favore delle
 maestranze.
Tale impegno potra’ essere rafforzato dai signori Commissari
 delegati attraverso previsioni secondo cui il versamento delle
 diverse rate dei contributi per la ricostruzione e’ subordinato alla
 produzione del DURC da parte delle imprese affidatarie dei lavori.
In tali contratti potranno essere inserite anche le clausole di
 tracciabilita’ finanziaria e antimafia di cui si e’ detto nei
 precedenti paragrafi di questa Parte III.
Per la redazione di queste ultime clausole, il Comitato e’
 ovviamente a completa disposizione per offrire ai Commissari il
 contributo che fosse ritenuto necessario. 
(1) Come e’ noto, l’art. 10, comma 7, lett. a) e b) fa riferimento,
 tra l’altro, a provvedimenti giurisdizionali (anche solo
 cautelari) per delitti che non sempre sono automaticamente
 riconducibili alla criminalita’ mafiosa. In presenza di tali
 situazioni e’ quindi opportuno che la disamina non si limiti alla
 verifica dell’attualita’ della segnalazione rinvenibile nel CED
 Interforze, ma si estenda anche alla natura del fatto-reato
 contestato o per cui e’ intervenuta la condanna non definitiva,
 attraverso l’acquisizione dei provvedimenti emessi dall’Autorita’
 Giudiziaria. Tale accertamento – finalizzato ad evitare
 un’applicazione delle cautele antimafia che potrebbe essere
 impropria (cioe’ a situazioni certamente non commendevoli ma di
 fatto non idonee a consentire di desumere l’esistenza di
 tentativi di infiltrazione mafiosa) – potra’ essere condotta nel
 “segmento” della procedura qui descritta finalizzato alla
 verifica della sussistenza delle situazioni di cui all’art. 10,
 comma 7, lett. c. del ripetuto D.P.R. n. 252 del 1998. 
(2) L’accertamento di eventuali cause ostative riconducibili alla
 lettera c) dell’art. 10, comma 7, del d.P.R. n. 252/1998 assume,
 pertanto, un carattere dinamico, svincolato dalla necessita’ di
 invocare quei motivi di «particolare complessita’» di cui fa
 cenno l’art. 11, comma 1, del decreto del Presidente della
 Repubblica n. 252/1998. Ne deriva ancora che, nel caso di specie,
 non occorrera’ che il Prefetto effettui la comunicazione prevista
 nella citata disposizione, ne’ che il soggetto aggiudicatore
 osservi il termine indicato dallo stesso art. 11 al successivo
 comma 2.