Dal disegno al dato: CAD o BIM? La scelta che cambia progetto, tempi e cantiere
Dal disegno assistito al modello informativo: come CAD e BIM ridefiniscono flussi, costi, tempi e collaborazione in cantiere, tra obblighi normativi, interoperabilità e scelte operative.

Nel lessico della progettazione digitale, CAD e BIM vengono spesso confusi o contrapposti, ma scegliere tra i due non è una questione di software bensì di processo. Questo articolo chiarisce differenze e sinergie, spiegando come dal disegno 2D e dai modelli 3D si passi a un governo dei dati che incide su tempi, costi e coordinamento. L’obiettivo è fornire una bussola operativa a studi e imprese che vogliono lavorare meglio, riducendo errori e varianti già prima di arrivare in cantiere.
Dal disegno assistito al modello informativo: come CAD e BIM ridefiniscono flussi, costi, tempi e collaborazione in cantiere, tra obblighi normativi, interoperabilità e scelte operative.
Quando nel settore delle costruzioni si parla di progettazione digitale, due sigle tornano immancabilmente alla ribalta: CAD, acronimo di Computer-Aided Design, e BIM, Building Information Modeling. Non sono sinonimi e non sono alternative rigide: rappresentano due modi diversi di produrre e governare i dati di progetto. La scelta dell’uno, dell’altro o di un’integrazione tra entrambi incide su processi interni, qualità del coordinamento, tempi di sviluppo, rendimento economico e capacità di tenere sotto controllo le varianti in cantiere.
CAD
Il CAD nasce come evoluzione della tavola da disegno. Ha portato nel computer planimetrie, sezioni ed elevazioni, permettendo precisione millimetrica e rapidità nelle modifiche. Con il tempo è passato dai semplici ambienti 2D a piattaforme 3D in grado di descrivere volumi e geometrie anche complesse. La sua forza resta la rappresentazione grafica: tavole esecutive, dettagli costruttivi, impaginati tecnici, modelli tridimensionali statici pensati per essere tradotti in elaborati e in output di stampa. In studi che lavorano molto su particolari costruttivi, fuori standard e personalizzazioni, il CAD è ancora la risposta più veloce e controllabile.
BIM
Il BIM, al contrario, non è un “programma” ma una metodologia che mette al centro il dato informativo lungo l’intero ciclo di vita dell’opera. Il modello non è solo una forma 3D: ogni oggetto è un componente parametrico con attributi e relazioni, che può contenere dimensioni, materiali, prestazioni, livelli di finitura, costi, dati energetici e requisiti manutentivi. Attorno al modello informativo ruota un ambiente di condivisione (CDE o ACDat) che governa versioni, autorizzazioni, responsabilità e stati di avanzamento. Standard internazionali come la serie ISO 19650 aiutano a definire ruoli, processi e deliverable informativi, dalla gara alla gestione.
Differenza tra CAD e BIM
La differenza sostanziale sta qui: con il CAD si disegna ciò che si vede; con il BIM si orchestra ciò che il progetto è, collegando geometrie, dati, persone e decisioni. Nel primo caso prevale la rappresentazione; nel secondo la relazione tra informazioni, che alimenta analisi, simulazioni, computi e cronoprogrammi, riducendo il margine d’incertezza prima che diventi costo in cantiere.
Questa impostazione cambia anche il modo di collaborare. Nel flusso tradizionale ogni disciplina produce file separati, scambiati in formati come DWG o PDF. Il coordinamento si fa a colpi di revisioni e tavoli tecnici. Nel BIM, invece, i modelli disciplinari vengono federati e interrogati per evidenziare interferenze e incongruenze; gli issue viaggiano in tracciati dedicati, con un responsabile e una scadenza; la comunicazione è più trasparente e il rework si riduce. L’uso di formati aperti come IFC, sviluppati per descrivere in modo neutrale edifici e infrastrutture, e di formati per la gestione delle segnalazioni come BCF, aiuta a evitare il lock-in e tutela la durabilità dei dati nel tempo.
Oltre alla geometria, il BIM aggiunge dimensioni di analisi. La cosiddetta 4D collega il progetto al fattore tempo, permettendo sequenze di montaggio e simulazioni di cantiere. La 5D integra costi e computi per leggere l’impatto economico delle scelte progettuali. La 6D, infine, guarda a sostenibilità, performance e gestione operativa, fornendo basi dati utili al facility management. In pratica, si passa da tavole e viste a un gemello digitale con cui testare scenari, comparare alternative e motivare le decisioni.
Normative e obbligo BIM
C’è poi il fronte normativo, che in Italia spinge con decisione verso l’adozione dei processi digitali. Il nuovo Codice dei contratti pubblici ha previsto l’impiego di metodi e strumenti di gestione informativa per le stazioni appaltanti, con obblighi che dal 2025 riguardano appalti sopra determinate soglie economiche e interventi particolarmente sensibili come quelli sui beni culturali. La direzione è chiara: interoperabilità, tracciabilità, piattaforme condivise e processi verificabili. Anche dove l’obbligo non scatta, l’uso del BIM può costituire elemento premiante in gara e una tutela per committenti e operatori.
Per le imprese e i professionisti la ricaduta è concreta. Sul piano dei tempi, il lavoro anticipa i problemi: le interferenze tra impianti e strutture emergono in fase di progetto, non a getto avvenuto. Sul piano dei costi, avere computi agganciati al modello e scenari alternativi consente di controllare il budget con maggiore lucidità e di documentare le scelte. Sul piano della qualità, la convergenza di discipline e fonti dati riduce ambiguità e interpretazioni, facilitando l’allineamento tra ufficio tecnico, cantiere e fornitura.
Meglio CAD o BIM
La domanda “meglio CAD o BIM?” ha quindi una risposta meno netta di quanto si pensi. Se il focus è produrre rapidamente tavole 2D, dettagli e modelli 3D statici, il CAD resta imbattibile per velocità operativa e fine controllo grafico. Se il progetto è multidisciplinare, richiede coordinamento serrato, scenari di pianificazione, analisi delle performance e una base informativa solida che accompagni l’opera fino alla gestione, allora il BIM è la strada naturale. In molte realtà mature i due approcci convivono: il CAD alimenta la produzione esecutiva di tavole e particolari, il BIM governa dati, procedure e verifiche tra i diversi attori.
Naturalmente, passare al BIM non significa solo acquistare licenze. Serve una riorganizzazione: capitolati informativi chiari, ruoli definiti, procedure di validazione, metriche di qualità, un ambiente di condivisione dati affidabile e regole per gli scambi informativi. La formazione è un investimento inevitabile: coordinatori, modellatori, figure dedicate al controllo dei modelli e all’estrazione dei dati diventano parte integrante del processo. È uno sforzo iniziale che si ripaga con meno errori, meno varianti e una manutenzione più consapevole.
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